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ALICE NEL PAESE DEI BILANCI: LE AVVENTURE DELL'APPRENDISTA RAGIONIERE

Nelle prime tre colonne il previsionale 2016 di Fassino; nelle tre centrali, l'assestamento 2016 di Appendino; nelle ultime tre il previsionale 2017

I bilanci bisogna saperli fare, e qui io sono fuori gioco. E bisogna pure saperli leggere. In questo secondo caso, io continuo a essere fuori gioco, ma per fortuna ho qualche amico che con i numeri ci sa fare e che con grande cortesia si presta a darmi una mano quando mi serve un parere competente in materia di conti pubblici.
Il Consiglio comunale si appresta a discutere il bilancio previsionale (anche detto "di previsione", o "preventivo") per il 2017: per intenderci, quello dei tagli maramaldi alla Cultura.
Io, che sono uno scolaro diligente, per prepararmi ho ripassato la materia.
In primis, ho sgombrato la lavagna da sogni e asinerie. Quindi, premetto che non mi occuperò dei famosi 61 milioni del governo: chiunque abbia un QI superiore a un lemure ha ormai capito che quei milioni forse non arriveranno mai, e semmai arrivasse qualcosa non arriverebbe né domani, né entro quest'anno.
La tabella distribuita dall'assessore Leon in Commissione
Secondo step: sono riuscito a recuperare una tabella (che vedete qui sopra) un po' più dettagliata di quella che l'assessore Leon ha distribuito l'altro giorno in Commissione: infatti riporta, per offrire un quadro completo della situazione, non soltanto - come quella della Leon - l'assestamento 2016 (firmato già da Appendino) e il preventivo 2017 che Appendino presenterà in Consiglio, ma anche il bilancio di previsione firmato a inizio 2016 da Fassino (le prime tre colonne con i numerini). Ciò consente di verificare a quanto ammonti il taglio del 2017 rispetto al 2016, preventivo su preventivo. Va da sé che Fassino, quando preparava il preventivo 2016, sapeva benissimo che di lì a poco si sarebbe votato, e si sarà preso ben guardia dal tirar giù un bilancio lacrime e sangue. E' la politica, bellezza. Però a me piace ragionare con tutti i dati sott'occhio.
Fatto ciò, il bravo studentello ha ripassato una lezione importante, che finora aveva un po' trascurato: la differenza fra spesa corrente e conto capitale. In primis, per impratichirvi con la terminologia, leggete anche voi lo schemino facile facile che linko qui. In pratica, con "spesa corrente" si indicano i costi irrinunciabili, la "spesa quotidiana" che dev'essere finanziata con entrate ordinarie (tipo le entrate tributarie), perché è ovvio, per esempio, che il Comune deve comunque pagare gli stipendi e le bollette; mentre il "conto capitale" sono gli investimenti, che vengono finanziati con entrate straordinarie, esattamente come ciascuno di noi, che se ha qualche soldo che gli cresce decide di investirlo in Bot o di comperarsi la macchina nuova; e se invece i soldi non li ha, rinuncia, e si accontenta di continuare a pagare l'affitto e il gas.

Conto capitale vs. Spesa corrente 

Vi ricordate dello psicodramma "spesa corrente/conto capitale"? Uscire dalla tossicità del "conto capitale" è stato per anni il cavallo di battaglia del mondo della cultura torinese. Soltanto con l'inserimento del sostegno alle fondazioni culturali nella "spesa corrente" il Comune poteva cominciare a impegnare e pagare la spesa culturale dall’inizio dell’esercizio finanziario, cosa che non può avvenire postando la spesa in conto capitale. Le risorse in conto capitale - mi dice l'amico esperto - sono legate a operazioni non ordinarie (vendite di immobili, cartolarizzazioni, altre botte di culo contabili), e se arrivano, arrivano a fine anno. E se non arrivano? L'amico mi dice che in genere arrivano, ma l'esperienza mia dice altro. Dice che a volte non arrivano e ci si riduce a situazioni alla Totò: tipo assegnare appartamenti e capannoni a Stabile, Regio e compagnia questuante perché se li vendano in proprio e tirino su i soldi che mancano. E' accaduto nel 2013.
Affinché non accadesse più, nel 2015 Fassino aveva cominciato a portare buona parte dei finanziamenti alla cultura nella spesa corrente
Io avevo plaudito alla buona volontà. Avevo anche fatto notare che nel 2016 sarebbe stata ben più dura, poiché a carico dell'assessorato alla Cultura si sarebbero aggiunte nuove voci alla spesa, ovvero nuove bocche da sfamare (ad esempio il Salone del Gusto e Terra Madre che sono biennali e nel 2015 non c'erano), e sarebbero mancati i fondi eccezionali che nel 2015 erano arrivati per Expo: a quel punto, ero stato facile profeta prevedendo disastri. 
La previsione s'è regolarmente avverata. Ma il bilancio preventivo 2016 di Fassino non ne teneva probabilmente conto. E alla fine della fiera la patata bollente se l'è ritrovata per le mani Chiarabella. Tant'è che alla fine del 2016, al momento dell'assestamento, Appendino giustificò il discusso "affare ex Westinghouse" dichiarando: "Ci serve per incamerare 19,6 milioni che abbiamo usato per finanziare la dotazione delle fondazioni culturali, a cominciare dal Teatro Regio, che altrimenti avrebbero dovuto subire pesanti tagli”. Ecco: quello, detto con parole da ignorante, è il conto capitale. Soldi una tantum che trovi alla disperata alla fine dell'anno per quadrare i bilanci.
Nell'ultimo bilancio di Fassino il conto capitale era 1,8 milioni. Salirà a 11,4
E difatti, come vedete nella tabella qui a fianco, già in quell'assestamento 2016 il finanziamento della Cultura in conto capitale salì vertiginosamente, dagli 1,8 milioni dell'ultimo Fassino ai 12,1 di Appendino (i soldi ex Westinghouse, insomma...). 
Poiché le casse del Comune continuano a piangere, anche per il preventivo 2017 Appendino riduce ai minimi termini la spesa corrente e si rifugia nel conto capitale: attingendo per di più a piene mani dagli oneri di urbanizzazione. Ma è rischioso ricorrere a entrate straordinarie per coprire spese che dovrebbero considerarsi ordinarie: le Fondazioni culturali devono (beh, dovrebbero...) comunque vivere e operare, anno dopo anno. Non sono "investimenti" che puoi decidere di fare o non fare; bensì "spese correnti" da affrontare comunque. A meno che non si decida di chiuderle. Decidere che la cultura non è una "spesa corrente" (cioè irrinunciabile), bensì va inserita in "conto capitale" (ovvero è un "investimento" che puoi decidere di fare o non fare) è innanzi tutto una scelta politica.
Purtroppo - lo vedete nella tabella - i finanziamenti alla cultura nel bilancio di Appendino non solo sono stati ridotti da 22,3 a 15,1 milioni, ma sono per oltre due terzi in conto capitale (11,4 milioni sul miserrimo totale di 15,1)
La spesa in cultura sarà quindi finanziata attraverso alienazioni e concessioni immobiliari, a prescindere dai famosi 61 milioni nei quali non crede nessuno. In particolare verrà privatizzata l’Ipab Carlo Alberto con un ricavo, si spera, di 14 milioni qualora la gara si concludesse con esito positivo: da lì arriverà - incrociamo le dita - il finanziamento in conto capitale. Non è noto cosa venderemo nel 2018, e poi nel 2019, e poi nel 2020, e poi...
Posso capire Appendino: se i soldi contanti non ci sono, non ci sono. E non posso sapere se Fassino avrebbe fatto meglio: personalmente ne dubito, ma non c'è controprova.
Comunque capisco la situazione. Capisco meno (o forse capisco fin troppo bene) perché il tossico ricorso al conto capitale debba abbattersi in misura così imponente sul bilancio della Cultura; né perché proprio su quel disgraziato settore ricadano tagli tanto forsennati.
Ma soprattutto non capisco, e non tollero, le banfate. Appendino e Leon hanno dichiarato che questo bilancio destina alla cultura meno risorse; però risorse certe. Forte delle esperienze passate, mi permetto di dubitare della "certezza" dei finanziamenti in conto capitale: per quel che ho visto in passato, quelli sono soldi che, ammesso che arrivino, ben che vada arriveranno alla fine dell'esercizio. Ma anche no. E intanto gli enti continueranno ad arrangiarsi con prestiti bancari e conseguenti interessi. E a pregare che prima o poi le operazioni immobiliari vadano in porto e i soldi si trovino.
Figherrimo.

Questione di peso specifico

Un altro aspetto un po' trascurato, nel dibattito che si è acceso attorno al simpatico bilancio appendinico, è quello del "peso specifico" dei tagli. Un peso che varia da ente a ente. 
E' lampante, infatti, che per valutare in pieno la portata del taglio inflitto a un singolo ente culturale bisogna rapportarlo al complessivo budget dell'ente stesso. Ad esempio: i 4 milioni (100 mila euro in più dell'anno scorso) che il Comune promette al Regio per il 2017 - e ben 3,6 sono in conto capitale - confluiranno comunque in un bilancio complessivo del Teatro che viaggia attorno ai 38-39 milioni. Il contributo comunale rappresenta quindi poco più del 10 per cento. Incide, certo, ma non quanto incida in negativo il taglio di 2 milioni alla Fondazione Musei, il cui bilancio totale è sui 12 milioni. In questo caso il taglio rappresenta il 17 per cento del bilancio della Fondazione. Adesso capite perché Cibrario si agita tanto?
Un amico commercialista ha pure tentato di spiegarmi che, "trattandosi di musei civici ed esistendo una convenzione, il Comune sta potenzialmente creando un debito fuori bilancio": ma non credo di essere pronto per simili raffinatezze.

Tagli, ritagli e frattaglie

Compulsando con attenzione il quadro definitivo del bilancio 2017 riportato nella tabella in testa al post, si rilevano altri spunti degni di nota.
Torino Musei. ​Nel prospetto della Leon compare il ricavato per un terreno venduto nel 2016, ma conferito e entrato a capitale della Fondazione nel 2013, ai tempi della scellerata operazione fassiniana "mattoni anziché soldi". Alcuni esperti ipotizzano che l'inserimento di questa voce serva a gonfiare il dato in assestamento, neutralizzando il taglio già fatto a novembre. O magari no. Io riferisco.
Manutenzione della Casa Teatro Ragazzi. ​Difficile considerare i 40 mila euro stanziati sotto la voce "Cultura": sembrano piuttosto un contributo di manutenzione straordinaria, e come tale da ascrivere ai capitoli dell’ediliza per la cultura e non al sostegno del sistema culturale. 
Biblioteche​. Lo stanziamento per l’acquisto di libri per le biblioteche (610 mila euro) è triennale: cioé, la cifra si impegna adesso, ma si spende in tre anni. 
Terra Madre e Salone del Gusto.​ Noterete dalla tabellona che nel bilancio 2016 di Fassino erano presenti due voci di spesa pesanti: 200 mila euro per Terra Madre e 890 mila euro (poi ridotti nell'assestamento di Appendino a 690 mila) per il Salone del Gusto. Trattandosi di manifestazioni biennali, nel bilancio 2017 non compaiono. Quest'anno il Comune risparmia 890 mila euro totali. Però quella cifra (più o meno) sarà di nuovo necessaria nel 2018: e lì prevedo ulteriori disastri. Se i soldi non salteranno fuori, il Salone del Gusto potrebbe andarsene. Se salteranno fuori, toccherà toglierli a qualcun altro.
Tagli e buchi al Museo del Cinema. Potrà poi sembrare strano che la dotazione del Museo del Cinema, che Fassino nel previsionale 2016 aveva fissato a 2 milioni 175 mila euro, in assestamento 2016 sia stata alzata da Appendino a 2 milioni e 540 mila euro, per poi farla precipitare in previsionale 2017 a un milione e 450 mila euro. Qui ci aiuta la tabella diffusa in Commissione dalla Leon che mette a confronto soltanto i dati dell'assestamento 2016 e quelli del previsionale 2017: però vi si legge che al Museo del Cinema nel 2016 furono assegnati (in assestamento) 2.010.000 euro di contributo più 465 mila spettanti per l'esercizio 2013. In totale farebbero 2.475.000 euro. La cifra non è uguale, ma vicina ai 2.540.000 euro che risultano a me. Quindi - tento di capire - diciamo che Fassino a inizio 2016 aveva previsto per il Museo del Cinema 2.175.000 euro. Appendino a fine 2016 li ha ridotti a 2.010.000: ha però messo a bilancio i soldi (465 mila euro) che il Museo aspettava dal 2013: non so se ciò significhi che il Comune darà quei soldi al Museo, e se il Museo (come la Fondazione Musei) sia finalmente riuscito a vendere qualche immobile che Fassino gli aveva sbolognato nel 2013. Ma non ha grande importanza. Ciò che mi pare logico è che comunque quei soldi il Museo li abbia spesi già nel 2013 facendoseli anticipare dalle banche: quindi nella mia ignoranza stento a considerarli come voce del bilancio 2016 perché immagino che i contanti in qualche maniera entrati a fine 2016 servano a pagare il debito con le banche. Deduce l'ignorante, sperando che qualcuno lo illumini, che Chiarabella in assestamento a dicembre ha praticamente tolto dal bilancio 2016 del Museo la bellezza di 165 mila euro su quanto aveva promesso dal previsionale fassiniano. Cioé, tu Comune in primavera dici al Museo che entro l'anno gli darai una certa cifra comprensiva di 'sti 165 mila euro, il Museo si regola di conseguenza e spende contando anche su quei 165 mila, e tu Comune a dicembre gli fai marameo, gli togli 165 mila euro e se li ha già spesi s'arrangi.
E poi - pensa l'ignorante che non sa un tubo di bilanci - questi titani dell'alta finanza cadono dal pero quando scoprono che  nel bilancio consolidato 2016 del Museo del Cinema c'è un "buco" di circa 200 mila euro. Ma dai? Chi l'avrebbe mai detto...
E per non sbagliare gliene tolgono, nel previsionale 2017, altri 560 mila. 

Nota finale

Una preghiera: ho tentato di capire qualcosa dei bilanci. Non è semplice, tanto più che non sono un commercialista né un ragioniere. Ci ho messo impegno e ho studiato e mi sono fatto consigliare da competenti. Ma sono soltanto un contribuente che cerca di capire che cosa fanno con i suoi soldi. Quindi, se qualcuno che padroneggia professionalemente la materia vorrà spiegare, correggere, approfondire e illuminare con dati di fatto e strumenti tecnici, sarà benvenuto. Mi scriva e pubblicherò volentieri. Non pubblicherò invece banfate, minchiate, elucubrazioni da bar e lezioncine di cicciformaggi, analfabeti funzionali, saltimbanchi, tifosi, invasati, sciurette, leoni da tastiera, militanti, attivisti e reggicoda di ogni parte e colore. Per tutti costoro la risposta è già scritta, ed è sempre quella: andate a rompere i coglioni altrove.
Grazie.

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