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LE AVVENTURE DI PAOLO&CHIARA: NON FARE A CHIARA LA DOMANDA CHE DISPIACE A PAOLO

 Candidata e spin doctor. Chiara Appendino rilascia un'intervista alla Tgr. Alle sue spalle incombe il fido Paolo Giordana
In campagna elettorale incroci gente fantastica.

Al Circolo della Stampa c'è un incontro di Chiara Appendino con i giornalisti. Vado. E al momento delle domande, faccio le domande.
La mia prima domanda riguarda la Fondazione Cultura. E' una domanda articolata. Chiedo ad Appendino: 1) se conferma di voler abolire la Fondazione Cultura; 2) se è vero che un suo strettissimo collaboratore e fidato consigliere, un dipendente comunale nomato Paolo Giordana, ha partecipato al bando per la carica di segretario generale, poi vinto da Angela Larotella; 3) se è vero che lei, Appendino, a proposito di quel bando ha presentato un'interpellanza che, a mio parere, poteva danneggiare Larotella e favorire Giordana; 4) se a suo avviso tale interpellanza non configuri un conflitto d'interessi; 5) se non ritenga incoerente che un suo stretto collaboratore si candidi a dirigere una Fondazione che lei definisce inutile.
Appendino mi risponde nell'ordine: 1) sì perché è inutile; 2) sì; 3) sì, ha presentato l'interpellanza, come tante altre in materia di gestione delle istituzioni culturali (verissimo), però non mirava a favorire o sfavorire chicchessìa; 4) no, non esiste conflitto d'interesse in quanto non è lei, Appendino, a decidere la nomina; 5) no, nessuna incoerenza.
Appendino risponde con educazione e con argomenti; non importa se convincenti o meno, ciò dipende dai punti di vista.

Entra in scena il Malmostoso

Ma all'incontro con i giornalisti Appendino è arrivata, guarda caso, scortata dal sullodato Paolo Giordana. Egli non è il primo che passa, tutt'altro: ha firmato con Chiara Appendino un libro in cui spiegano come si dovrebbe governare Torino; ed è considerato il più fidato consigliere della candidata cinquestelle, specie in materia di cultura.
Seduto in platea, il Giordana dà segni d'insofferenza mentre pongo la domanda che lo riguarda (questo mi riferiscono testimoni); non pago, al termine dell'incontro mi viene incontro e mi apostrofa corrucciato: “Ecco, facciamo le domande su di me, ma chiedere com'è stata confermata Larotella alla Fondazione no, eh?...”.
Sulle prime vorrei fargli notare che la sua capa ha appena sostenuto di non aver voce in capitolo per le nomine, quindi non vedo cosa potrei chiederle sulla nomina di Larotella. Tento anche di precisargli che per antica tradizione non pratico sconti a nessuno, e decido io quali domande fare, e quando e a chi farle, e sono in genere domande sgradevoli per chiunque tocchi, e lui e la sua amica aspirante sindaca se ne facciano una ragione come ormai se la sono fatta gli altri: non sono un interlocutore piacevole per nessuno, si chiami Larotella, Fassino, Appendino o Barbablù.

Ma il Malmostoso non dismette il malmosto, quindi ritengo di informarlo che non funziona così. Il Malmostoso sogghigna con l'aria di saperla lunga e se ne va per la sua strada. Dev'essere il famoso “ascolto dei cittadini” tanto caro alla politica dell'oggidì.

Come funziona: io domando, lei risponde. E stop

Peccato. Avrei proprio voluto spiegare al Malmostoso come funziona.
Funziona che io faccio le domande e il politico risponde. A ciascuno il suo. Stop. Astenersi malmostosi.
E spiego. Convinto che il suffragio universale è sopravvalutato, io non mi sono mai candidato neppure a capoclasse né aspiro al voto del popolo, al quale popolo non mi interessa neppure di piacere, anzi. Non devo pertanto rendere conto di niente a nessuno e posso senza remore domandare, non domandare, dialogare, non dialogare, scrivere, non scrivere, tacere, parlare e fottermene dell'universo mondo.
La situazione dell'Appendino è molto diversa: lei mi chiede il voto e ambisce ad amministrare la città dove abito. Avrò il diritto di farle le pulci senza attendere il benestare di un quidam de populo? Aggiungo che lei è per definizione al mio servizio, avendo liberamente scelto di assumersi una funzione pubblica per la quale io con le mie tasse le pago un compenso.
Pertanto va così. Io interrogo. Appendino risponde. E Giordana mi sta alla larga. 
C'è una logica democratica in tutto ciò. Anche se, lo ammetto, è un rapporto sbilanciato: ma non posso farci niente, sono le regole, e non le ho inventate io. Io mi limito ad applicarle.
Ma la regola prima è che a un giornalista vero le domande non le detta nessuno, men che meno i politici o i loro portaborse; e io faccio questo mestiere da quarant'anni e ho sempre lavorato come mi pare giusto (pare giusto a me, non al primo sarchiapone che passa) senza rendere conto a qualsivoglia pomposa nullità; e non saranno i politici della mutua d'ogni parte e colore a cambiarmi la testa. E se questo a qualcuno non piace, si usi la cortesia di non leggermi. Staremo tutti meglio.
Per completare le istruzioni per l'uso dei prossimi cinque anni, dopo essere stato abbandonato dal Malmostoso vado dall'Appendino e la invito a tenere al guinzaglio i suoi giannizzeri, perché cinque anni sono lunghi e se cominciano così saranno anche molto divertenti. Lei lì per lì mi sembra sconcertata, ma è una ragazza intelligente e sono convinto che applicandosi ci arriverà. 

Due post-scripta: libertà d'informazione e altre piccolezze

P.S. Una successiva domanda, posta da un collega, riguarda il dato desolante che vede l'Italia messa sempre peggio nella classifica mondiale della libertà d'informazione. Appendino risponde che sì, la cosa la preoccupa. Bene. Preoccupa anche me. Molto. Stasera un pochino di più.

P.P.S. Che poi, l'inopportuna alzata d'ingegno del Malmostoso mi ha distratto dal riferire le risposte appendinesche alle altre domande che riguardano la cultura. Direi comunque che non ci sono – né si vede perché dovrebbero esserci - novità rispetto a posizioni più volte espresse dalla candidata. Riassumendo:
  1. il sistema dei finanziamenti delle piccole associazioni culturali tramite bando non si può equiparare ai famigerati “finanziamenti a pioggia”; 
  2. lei non è contro i grandi eventi, ma i grandi eventi devono portare una ricaduta sul territorio, e a mo' d'esempio cita in positivo il Salone del Libro e in negativo il Jazz Festival; 
  3. non ha ancora avuto modo di vedere il Masterplan della Cavallerizza, ma pensa che il percorso non sia stato sufficientemente “partecipato” e comunque ritiene che alla Cavallerizza la presenza “commerciale” debba essere minima.

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