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FONDAZIONE CULTURA KAPUTT? BEH, PARLIAMONE...


Il Gatto e la Volpe. Larotella e Campogrande in Commissione
 Contrordine cittadini. La Fondazione per la Cultura non sarà rasa al suolo. Non adesso, almeno. Non subito. E forse neanche dopo. Chissà.
La notizia certa è che non c'è nulla di certo. “Stiamo esaminando i fascicoli, dobbiamo valutare” mi dice l'assessore Francesca Leon al termine di una surreale seduta della Commissione cultura.

Decisioni ponderate, e direttore senza bando

Ora: io apprezzo la ponderatezza. Spero però che esaminino con cortese sollecitudine. La frase “Stiamo esaminando i fascicoli, dobbiamo valutare” è la dichiarazione standard dacché la giunta è giunta, e insomma i titoli di testa li ho visti, adesso mi piacerebbe vedere il film. Non per mettere fretta, ma in due mesi uno normale riesce a leggersi Guerra e Pace, altro che i fascicoli. 
Per ora, l'unica notizia che riesco a estrarre dalla sorridente Leon riguarda il preagonico Salone del Libro: mi conferma che il direttore editoriale verrà nominato a chiamata, senza bando.

Più furba che bella

Ok, per il resto aspetto Bartali. Scalpitando nei miei sandali. Però li capisco, i cautelosi cinquestelle. Una cosa devo riconoscere a madamin: è più furba che bella. Il che, trattandosi di giovanotta piacente, vuol dire che è una furba di tre cotte. La furba madamin sa che, dopo le minchiate romane, sbagliare a Torino sarebbe rischiosissimo; e le probabilità di sbagliare, per inesperienza o giovenil furore, sono altissime. Per cui applica, laddove possibile (e anche impossibile), l'aurea massima per cui chi non fa non falla. Alghe a parte, si muove più felpata di un gatto con le babbucce, quando non può sottrarsi sta coperta e allineata, e se può glissa.

Incendiari e pompieri

Dreadlocks. La presidente Daniela Albano
La strategia ha il suo perché, ma mi delude dal punto di vista dello spettacolo. Oggi c'era la prima Commissione cultura della nuova gestione. Sono andato. Volevo vedere la neopresidente, Daniela Albano, una signora con dei discreti dreadlocks; e soprattutto era in programma l'incontro del non troppo dinamic duo Appendino-Leon con Angela Larotella.
Ma si sa, si lotta da incendiari e si governa da pompieri.
Così, stamane vado in Municipio annusando l'odore del sangue. Illuso. Pregustavo un Tarantino supersplatter, e mi sono ritrovato un Losey in costume del Settecento.
Prima delusione: manca l'headliner. Madamin Appendino non c'è. E' impegnata in una tappa del “Quartier Tour”, mi pare dalle parti di Santa Rita. E vabbé. Però c'è la Leon.
Ora: Francesca Leon è una donna deliziosa, educata e gentile. Troppo. Non me la vedo a sbranare nessuno, figurarsi un'altra signora. Men che meno una vecchia amica. Difatti. Arriva Larotella, scortata dai suoi boys di MiTo – tema dell'incontro in Commissione era, giustappunto, la presentazione del festival – ed è tutto un cipicipibaobao.

Il Gatto e la Volpe

Conquistata. Leon ascolta il maestro Campogrande
Ma aspetta. Larotella sciorina i conti di MiTo (poi ve li riferisco) e soprattutto imbastisce un discorso di straordinaria fascinazione, per spiegare, con dovizia di particolari, che la Fondazione per la Cultura serve, è uno strumento tecnico necessario, e consegue risultati meravigliosi. Notate che la Fondazione per la Cultura ha parecchi disistimatori a Torino: taluni, anche antipatizzanti grillini, ne applaudirebbero la demolizione. Però Larotella se la gioca benissimo, ed espone argomenti puntuali: non sto a riferirli perché sono questioni di macchina amministrativa noioissime e complicate, ma il ragionamento regge. Fatto sta che l'astuta Angela si mette in tasca Leon e i commissari: la ascoltano incantati, non le contestano una virgola, simpatizzano. 
Il direttore di MiTo, NicolaCampogrande, fa la sua parte: è un gentleman forbito, parla con fervore e competenza. Anche lui, come Larotella, infarcisce l'allocuzione di espressioni che i consiglieri di maggioranza amano ascoltare: “accesso alla cultura”, “decentramento”, “musica nelle periferie”, “cittadini”, “eccellenze torinesi”, “valorizzazione dei giovani talenti”, insomma tutta quella roba che in MiTo c'è, ma repetita juvant. Specie quando hai davanti una platea nuova e inesperta.
Larotella e Campogrande sono dei maestri esperti, e hanno gioco facile. Alla fine della lezione trattengo a fatica gli applausi. Il Gatto e la Volpe portano a casa il risultato. 

Scolari diligenti

Scolari attenti. Consiglieri cinquestelle ascoltano l'intervento di Campogrande
Devo comunque riconoscere che questi esordienti mi hanno bene impressionato: molti dei loro predecessori in Commissione si facevano i cazzi propri, si distraevano, giocavano coll'iPhone, e se ne sbattevano del tapino di turno, convocato per parlare ai muri. Questi, invece, sembrano una classe di scolaretti diligenti. Seguono. Fanno domande. Senz'altro ingenue, però si vede la buona volontà. Sembra il minimo, ma considerati i precedenti è un miracolo.
Poi finisce, e uscendo faccio alla Leon: “Beh, che ne dici? Da come la racconta Angela, la Fondazione per la Cultura non parrebbe tanto superflua: voi che fate? La chiudete?”. “Non prendiamo decisioni affrettate, stiamo esaminando...”. Ok, lo so, stiamo esaminando i fascicoli, dobbiamo valutare. Fatemi sapere.

I conti di MiTo


Il budget preventivo della parte torinese di MiTo 2016 ha un budget preventivo di 2.189.500 euro (cifra, precisano gli organizzatori, da dieci a quattro volte inferiore ai costi dei festival europei concorrenti). Dagli sponsor (principalmente Banca Intesa e Compagnia di San Paolo) arrivano 1.047.000 euro, dalle biglietterie circa 200 mila euro. Il Comune contribuisce con 900 mila euro: aveva stanziato 1,3 milioni (un tempo il contributo era 4,5 milioni, poi hanno cominciato a ridurlo per finanziare varie baggianate, dal Jazz Festival a Todays); ma in primavera la giunta Fassino decise un primo taglio di trecentomila euro per difficoltà di bilancio, difficoltà che hanno poi imposto un ulteriore taglio di centomila euro da parte della giunta Appendino. Si è creato così uno sbilancio che, per non intaccare il calendario (allestito confidando sul milione e trecentomila euro inizialmente promessi dal Comune) la Fondazione per la Cultura ha coperto attingendo al proprio fondo patrimoniale.  

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