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SAI CHE C'E'? IL SALONE PUO' FARCELA

Il tema del Salone 2017 è "Oltre il confine". Il manifesto è disegnato da Gipi
Incredibile. E' davvero incredibile. Ma comincio a credere che possono farcela.
Non l'avrei mai detto. Fino a stamattina, piuttosto che scommettere dieci euro sulla sopravvivenza del Salone del Libro, li avrei puntati sulla salvezza del Pescara.
Ma adesso, dopo aver ascoltato il direttore Nicola Lagioia raccontare come sarà il suo Salone, quantomeno diversificherei l'investimento: cinque euro sul Salone, e cinque sul Pescara.
Perché Nicola Lagioia mi ricorda Zeman. Forse non è l'allenatore che ti porta allo scudetto, però può salvare una squadra che sembra già condannata, perché cambia le mentalità e rompe gli schemi.
Fino a stamattina non avevo mai visto all'opera Nicola Lagioia. Non sono un suo lettore, e non mi risultavano suoi particolari meriti in campo organizzativo; in più, sapendolo scelto dalla politica, nutrivo verso di lui molte  pregiudiziali riserve.
Quando arriva all'Aula Magna della Cavallerizza per la "conferenza di medio termine" del Salone, con lo zainetto sulle spalle e le cuffiette nelle orecchie, lo prendo per un occupante; poi lo sbircio meglio e gli dico "ma lei è il direttore?". Sì, risponde il cuffiettato, in effetti.
Days of present past: Ferrero, Accornero e Picchioni
Boh. Resto sospettoso. Ma poi che nome è, "conferenza di medio termine"? Tipo "midterm elections"? Siamo mica gli americani.
L'Aula Magna si riempie di questi e di quelli. Meglio di una prima al Regio. Ci sono tutti. Persino Chiara Appendino, pensa te. 
E ci sono pure i past-presidents e past-directors: Ferrero, Accornero e (udite udite!) addirittura Picchioni, stavolta con tanto di posti riservati. Milella segue via skype. Avvisto poi Paolo Verri: è qui in quanto direttore di Matera 2019 che ha stretto una partnership con il Salone, ma - per precisione storica - è anche un past-director del Salone d'epoca accorneriana. 
Vabbé, adesso non vi stresso con l'elenco di quelli che c'erano. Giusto per dire che è il solito pienone per ciucciarsi - pavento in cuor mio - la solita messa cantata. E i più - compreso il piccolo Gabo - non sono animati da soverchio ottimismo. 
Lagioia e Montalcini
La giornata mi svolta quando prende la parola Lagioia.
Molto uattsammerica, molto sciolto. Parla in piedi, tiene in mano gli appunti ma va largamente a braccio o almeno ne dà l'impressione, e ha i ritmi giusti, e se questo è il suo discorso, mi auguro che i suoi saloni assomiglino ai suoi discorsi. Non sto a raccontarvi che cosa dice: hanno lavorato tanto e a quanto pare bene, lui e i suoi; c'è un programma ricco che mi ci ficco; ci sono tante idee e alcune persino nuove. Ma tutto questo e tanto altro ancora lo trovate nel sito del Salone o di qualunque buon giornale, quindi non vedo perché sforzarmi io a scriverlo. 
E poi non importa tanto che cosa dice Lagioia, ma come lo dice.
Nicola Lagioia sa comunicare. E' empatico. Ha il senso dello spettacolo. Ed è un motivatore naturale.
Non l'avrei mai sospettato. Basandomi sui sentito dire (mai fidarsi dei sentito dire...) me lo immaginavo piuttosto freddino. E un filino stronzetto, a dirsela tutta. 
Invece no. Almeno, non il Nicola Lagioia che ho conosciuto stamattina alla Cavallerizza. 
Lagioia e Tobey concordano nell'ottimismo
Lui è uno da film americani.
Avete presente quei film americani che gli alieni hanno quasi conquistato la terra, e la cometa l'ha quasi colpita, e il terremoto l'ha quasi sgretolata, e allora salta su il presidente americano che per fortuna non è Trump ma Bill Pullman e fa un discorso alla Nazione che sotto si sente una musica suggestiva e tutti gli americani lo ascoltano con gli occhi lucidi e quando ha finito di parlare gli americani escono fuori e fanno un culo così agli alieni e alla cometa e al terremoto?
Beh. Proprio quella roba lì. Però meno epica. Lagioia nel suo discorso è insieme alto e pop: si vanta dei celebri scrittori ospiti, ma è chiaro che non vede l'ora di incontrare Patti Smith. E ha le trovate che fanno entertainment, tipo accompagnare i punti del suo discorso con uno slide-show firmato Scuola Holden assolutamente geniale: sfilano sullo schermo fotogrammi di "Harry Potter", fumetti di Superman, fotografie di Hemingway che fa fiesta, quadri chagalliani, Tobey Maguire nel "Grande Gatsby", cani gaudenti, architetture escheriane, un'orgia di citazioni e strizzatine d'occhio che varrebbe, da sola, il prezzo di un biglietto. 
Il miglior centrocampo del mondo...
Unico incidente: per celebrare il gruppo di lavoro del Salone, Lagioia lo definisce "il miglior centrocampo del mondo" e sullo schermo appare la foto dei centrocampisti blaugrana Xavi e Iniesta. Che probabilmente sono i migliori centrocampisti del mondo, ma avendone appena beccate quattro dal Psg, ecco, non porta bene.
Disguidi calcistici a parte, questo voglio dire: ancor prima che le parole, è l'atteggiamento - la weltanschauung - di Lagioia a suggerire l'idea di un cambio di passo per il Salone.
E poi c'è la capacità dell'allenatore che, oltre agli schemi, rivoluziona l'ambiente: lo staff del Salone lo ricordavo abbacchiato e moscio dopo le batoste dell'anno passato, e me lo ritrovo oggi pimpante e cazzuto; l'immagine esterna del Salone - da quanto mi riferiscono ma anche da quanto suggeriscono indicatori credibili - si è risollevata; gli editori aumentano giorno dopo giorno, ha già confermato il 95 per cento di quelli presenti nel 2016, e alla fine ne verranno più che in passato (vabbé, ne mancheranno di importanti, ma questo si sapeva), e si sono moltiplicati anche gli sponsor. Direi che attorno al Salone si sta sviluppando un effetto bandwagon del tutto imprevedibile pochi mesi fa.
Tocco finale del direttore-che-non-mi-aspettavo è lo svolazzo retorico, il colpo da consumato filone: l'appello all'orgoglio torinese.
Lagioia chiude trionfalmente il discorso con una frase a mezzo fra il Gladiatore e Petrolini - "siate orgogliosi del vostro Salone e aiutateci a renderlo più grande e più bello che mai" - che strappa l'applauso dei signori e il tintinnio dei braccialetti delle signore, mentre in sala si diffondono le note di "Horses" di Patti Smith. A Torino va sempre così: siamo sospettosi, ci entusiasmiamo di rado, non ci va mai bene niente. Ma se poco poco ci capita di entusiasmarci facciamo l'Italia, o le Olimpiadi, o altre mattane. Tutto può essere, a Torino, contro ogni previsione e alla faccia delle nostre infinite colpe. Tutto può essere, con un direttore che si crede Zeman. Magari stavolta ci riesce persino il colpo di fare un Salone più grande e più bello che mai, dopo essercelo stolidamente massacrato. E in tal caso perfino l'ingaggio calcistico del direttore - ben più di quel che prendeva Ferrero - avrebbe il suo perché.
O magari perdiamo 5 a zero. Ma, almeno, adesso possiamo aspettarci una partita divertente.

Come hanno pescato Lagioia

Concordia istituzionale: Chiampa&Chiara
 A questo punto la mia disgustosa onestà mi obbliga a rendere merito a chi ha scelto Lagioia, visto che li castagno regolarmente ad ogni singola minchiata. E mi tocca pure un rendimento di merito bipartisan, perché da accurate ricostruzioni risulta che Lagioia sia una trouvaille della Parigi, ma in tal caso al  Chiampa va il merito di aver astutamente fatto credere al sindaco e Appendino di averci pensato loro, mentre va al sindaco e Appendino il merito di aver finto di crederci. Quando dice che la concordia istituzionale è tutto...

Bray, presidente per forza

E Bray? Ah, già. Bray. Bray farà comunque il presidente, anche se il nuovo Statuto non è ancora approvato, essendosi incagliato nelle secche dei ministeri restii a entrare come soci nella Fondazione. Verrà nominato presidente a fine marzo. Ma, ricordate?, Bray non voleva diventare presidente con il vecchio Statuto. Il vecchio Statuto, tuttora in vigore, attribuisce al presidente responsabilità gestionali che Bray, per vari motivi, non intende addossarsi. 
La risolvono così: Bray fa il presidente che stringe le mani, mentre la parte gestionale e la rappresentanza legale le delega al vicepresidente, che sarà Mario Montalcini. Paiono tutti contenti, anche se girano retroscena meno idilliaci. Ma oggi sono in crisi iperglicemica, quindi non esploro i retroscena meno idilliaci.
Ho domandato al Chiampa perché ci tengono tanto a Bray presidente: "Perché è quello che ci ha messo la faccia e si è speso quando il Salone sembrava quasi morto", mi ha risposto. Se è una risposta sincera, gli fa onore.

Ministeri dentro o fuori?

Ho detto dei tentennamenti ministeriali. Oggi ho domandato alla Parigi che cosa fanno il Miur e il MiBACT. Dentro o fuori? Mi ha risposto che al momento sono ancora fuori, però i trecentomila sacchi cadauno li hanno sganciati, per cui non c'è fretta. A metà marzo ci sarà un'Assemblea dei Soci e si dovrebbe capire quali intenzioni hanno per il futuro i due ministeri. A parer mio vogliono vedere come va questo Salone, prima di decidere.

Costa di più, ma arrivano più sponsor

E adesso parliamo di soldi. Il programma del Salone è bello ricco, e tanto spolvero avrà un costo che presumo superiore a quello delle ultime edizioni. Sull'argomento stanno ancora tutti abbottonati, ma non ci vuole un laureato alla Bocconi per farsi due conti. Il budget delle ultime edizioni viaggiava sui tre milioni di euro. Non credo di sparare una tavanata se azzardo che stavolta andiamo verso i quattro. 
Però ci saranno più soldi dagli sponsor. Ce ne sono parecchi nuovi e tutti belli pesanti: Reale Mutua, Ventana, Promozeta, Unione Industriale, Smat, Iren e Vicolungo Outlet si aggiungono ai fedelissimi Valmora e Gobino. E tendono ancora ad aumentare. Effetto bandwagon, appunto.

Un fondo di sicurezza per un Salone in salute

L'aspetto economico più interessante è un altro. Gli enti locali (in particolare la Regione) vorrebbero dare al nuovo Salone del Libro una qualche certezza patrimoniale. Un fondo di sicurezza, insomma, su cui contare nelle emergenze, per non ritrovarsi alla prima difficoltà con le toppe al culo e i creditori alle porte. Di questi tempi, però, far saltare fuori una cifra credibile - parliamo di un tot ben abbondante di centomila euri - dalle casse pubbliche è un'impresa impossibile. 
D'alta parte sembrava un'impresa impossibile anche far sopravvivere il Salone. Eppure gli sconsiderati, non sapendo che era impossibile, hanno compiuto l'impresa.

Commenti

  1. Caro Gabo,
    il merito di aver portato Lagioia a Torino va ascritto a Bray. Stupisce che uno come te nemmeno lo sospetti.

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    1. Egregio anonimo, stupisce che lei giudichi non leggendomi. Che Lagioia fosse stato indicato da Bray - dopo numerosissimi rifiuti - era noto e l'ho scritto da tempo immemorabile. Qui si trattava di ricostruire il percorso di accoglienza da parte degli enti locali, cui spettava la decisione ultima sulla nomina.

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  2. mi è stato riferito da un libraio che sul fronte del coinvolgimento delle librerie c'è ancora molta confusione. Se ne è parlato?

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    1. Diffusamente. Sono state annunciate varie iniziative mentre altre, è stato detto, sono in fase di realizzazione.

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  3. Gentile Gabo, la leggo sempre volentieri. Traspare la giusta dose di ironia nei confronti dei maneggi del Palazzo. Capisco anche l'iniziale scetticismo per la scelta dello scrittore barese 44enne, ma la invito a leggere il romanzo Ferocia, vincitore dello Strega '15 per diversificare giudizi che non abbiano il sapore del pregiudizio.

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    1. La ringrazio del consiglio ma temo di avere troppe priorità e poco tempo. Ho 63 anni e non ho ancora letto, tra gli altri, Il Cantare del Cid, Anna Karenina, Lord Jim e Manhattan Transfer. Ci vogliono troppe vite per leggere l'indispensabile, non posso farci nulla.

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    2. Comunque ovvierò ai miei pregiudizi frequentando più assiduamente il direttore, che mi sembra persona ammodo.

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