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HANNO SMESSO DI STUDIARE

Commissione cultura, inizio ore 16. Sono le 16,27 e la sedia dell'assessore Leon è ancora vuota. Montalcini abbozza, l'Albano se la ride
Ieri sono uscito dal Municipio un po' abbacchiato. Ero stato in Commissione cultura: Mario Montalcini e Giuseppe Ferrari, presidente e segretario generale della Fondazione per il Libro, erano venuti a raccontare ai rappresentanti del popolo le ultime novità sul Salone. Niente di sconvolgente, per carità: molto ottimismo, segnali positivi, grandi speranze. Già 213 editori hanno già prenotato uno stand e stai a vedere che alla fine saranno più o meno pari a quelli dell'anno scorso, 335; e promette bene anche la ricerca degli sponsor. Insomma, ci stanno lavorando: e per come eravamo messi quest'estate non possiamo lamentarci. Però "Non possiamo lamentarci" non è un granché, come titolo. 
Scendendo le scale di Palazzo Civico ascolto distrattamente due colleghe consultarsi fra loro su quale sia la notizia di giornata. In effetti, penso fra me e me, non c'è notizia. Tante minuzie, tanti piccoli particolari, ok: ma la notizia è un'altra cosa.
Poi, sul tram, salgono tre ragazzotti che cianciano di cose scolastiche, ridendo forte alle spalle del secchione di classe.
E io vedo la luce. Cioè, vedo la notizia.
Brutta come quasi ogni notizia.
La notizia è che hanno smesso di studiare. 
Erano partiti bene, a questo giro, i consiglieri comunali. Li vedevo, se non brillanti, quantomeno attenti. Anche in Commissione. Ricordate? Li avevo persino lodati per quanto si applicavano.
Era un fuoco di paglia. Dopo il primo semestre alcuni già hanno tirato i remi in barca: bigiano, si distraggono, arrivano impreparati.
E tu, contribuente, ti senti come un padre che spende tanti soldi per mandare a scuola il figlio, e il giorno dell'esame scopre che lo zuccone non ha fatto i compiti. 

Ecco il senso dello spettacolo. Non era una seduta della Commissione cultura. Era una sessione d'esame. Il democratico esame al quale ogni contribuente ha il diritto di sottoporre in qualsiasi momento il proprio dipendente eletto.
Scene di vita sociale in Commissione cultura
Purtroppo per chi paga il conto, l'esito non è positivo. Alcuni consiglieri hanno già contratto il virus dei loro predecessori, e anziché ascoltare la relazione armeggiano con gli smart phone. In troppi pongono domande che rivelano un'impreparazione di base, nel senso che denotano scarsissima conoscenza della materia, nella fattispecie il Salone del Libro: a dirsela tutta, danno l'impressione di scoprirlo adesso. Altri pare siano lì per onor di firma e di gettone. E poi, dannazione, un po' di disciplina! Una arriva in ritardo, altri vanno via prima, e dove siamo, al mercato? 
E vogliamo parlare della presidente Albano che chiude la seduta - seduta di un'oretta e mezza, mica una veglia d'armi - dicendo "grazie agli indefessi consiglieri che sono rimasti"? No, scherziamo? Hanno fatto il loro dovere, e bravi. Ma indefessi... Eddài... 
Insomma, mi immagino la mia vecchia professoressa alle prese con una classe così, e mi par di sentirla: "Signorine e signorini, avete sbagliato posto: per voi ci vuole il cantiere, non il Cavour!".

Le pagelle

E bon, una classe così merita le pagelle della Maestrina dalla penna rossa. Vai col voto.

Magliano Silvio (consigliere Moderati). Mette sul tavolo qualche questione significativa: a che cosa serve Bray, il "superconsulente di cui ci siamo dotati"? Quando diventerà presidente lascerà la Treccani? Si trasferirà a Torino con i suoi quattordici "direttorini"? E' vero che per una "riunione con il presidente" lo staff della Fondazione è dovuto andare a Roma, e poi alla riunione Bray s'è fermato un quarto d'ora? Quale destino attende il personale? Ci sono liste di licenziandi? A quest'ultima domanda la risposta - ufficialmente - è no. Per le altre restiamo sul generico. Ma almeno certe cose si sono dette. Diligente. Voto 6/7.

Ricca Fabrizio (consigliere Ln). Scivola clamorosamente sulle competenze. Esige di sapere quali saranno il tema e i contenuti culturali del Salone "che questa commissione deve discutere". Egli ignora che da sempre il tema del Salone è argomento di apposita conferenza stampa; ma soprattutto che la Fondazione per il Libro è un ente autonomo che decide la sua linea editoriale "in base a principi che conosciamo perfettamente", precisa il presidente Montalcini. Tuttavia Ricca sfiora la sufficienza per la bella piazzata d'apertura: pretende che la Commissione, fissata per le 16, alle 16,28 cominci senza più attendere i comodi dell'assessore Leon in clamoroso ritardo. Che diamine, un po' di rispetto! Buono l'impegno, scarso il profitto. Voto 5+. A Leon zero in condotta, meritatissimo.

Mensio, sulla porta, attende la risposta
Leon Francesca (assessore) e Rosso Roberto (consigliere Lista civica). I due danno vita a una scenetta surreale. In tema di Massimo Bray, Rosso pone a Leon un quesito nebuloso: "Che differenza c'è tra il romano Bray e la vicenda di Barbera?". La domanda è oziosa, ma la risposta è facile: Bray diventerà presidente, Barbera è stato cacciato da direttore. Leon però va in confusione, s'innervosisce e farfuglia "Non posso rispondere, non capisco, non vedo il nesso...". Non c'è nesso: ma tu allora diglielo, articola, rispondigli per le rime! Un po' di prontezza, perdinci. Inconcludenti. Voto 4.



Mensio dà chiari segni d'impazienza
Mensio Federico (consigliere M5S). Domanda se "i due ministeri che sono entrati nel Salone si limiteranno a mettere il loro marchio sulla manifestazione o daranno un contributo economico". Non ha studiato: è noto da tempo che il MiBACT e il Miur contribuiranno con 300 mila euro cadauno. Ciò che è più grave, Mensio non pare seriamente interessato a colmare la sua lacuna: esce dalla sala - chiamato altrove da chissà quali gravosi impegni - prima che il segretario generale del Salone risponda al quesito. Non si applica. Voto 2 (condotta 0).


Mensio guarda l'orologio: è ora d'andare
Consiglieri Pd. Fanno atto di presenza e stop. Non ricordo un intervento significativo. La maggiore forza d'opposizione rimane ben al di sotto del minimo sindacale. Inconcludenti. S.v.

Non do voto a un paio di altri consiglieri che hanno preso la parola: non ho capito cos'avevano in mente, e forse non lo hanno capito neppure loro. Non classificabili.

Molto meglio i privatisti

Già che ci sono, faccio le pagelle anche di Montalcini e Ferrari. Così riferisco le notiziette di giornata, e rendo merito al loro lavoro. Che è davvero meritorio. Il loro. Lavoro.

Montalcini Mario (presidente ad interim della Fondazione per il Libro). Concreto e capace: il presidente perfetto, trovato per caso. Lavora come un toro, e lo fa gratis - anzi, rimettendoci di tasca sua. In questo sbaglia: dare perle ai porci non è mai saggio. Però lui è fatto così. Ostenta (anche troppo) lo scarso attaccamento alla cadrega: precisa che "gli incarichi ad interim sono i più sani", e che lui non ha nessuna intenzione di fare la guerra a Bray per la presidenza. D'altronde, Bray diventerà presidente soltanto dopo il Salone, quando l'interminabile iter del nuovo Statuto sarà concluso: mancano ancora gli ok dei ministeri, di Banca Intesa e della prefettura, e i tempi burocratici sono infiniti. Ma Bray sarà un presidente da nuovo Statuto, senza compiti operativi: stringerà mani, andrà alle cene e farà pubbliche relazioni. In pratica, inutile. Il lavoro vero - quello che adesso fa Montalcini - toccherà al segretario generale. Una buona idea sarebbe quindi scegliere Montalcini come prossimo segretario generale. E lasciare Bray a Roma a stringere mani romane. Impegno e risultati. Voto 9/10.

Ferrari Giuseppe (vicedirettore generale del Comune distaccato alla Fondazione per il Libro come segretario generale). Illustra tutti i punti con precisione ragionieristica, spende parole nobili per i dipendenti del Salone che "lavorano magnificamente, con grande passione". Dice chiaro e tondo che non sono previsti licenziamenti e che lui non farà lo stravagante "assessment" sul personale preteso da Bray perché - spiega - siamo troppo vicini alla manifestazione, e l'operazione interromperebbe e danneggerebbe il lavoro dei dipendenti. Non aggiunge "e perché è una minchiata galattica", essendo un probo e serio funzionario; però lo scrivo io, dato che qualcuno dovrà pur chiamare le minchiate col loro nome. Se proprio vogliono l'assessment, precisa Ferrari, si accomodino: lui è pronto ad andarsene. Impeccabile, rintuzza con compita e dignitosa pacatezza le alzate d'ingegno dei discolacci. Primo della classe. Voto 10 e lode (e 10 anche in condotta).

Commenti

  1. E a lui che voto daresti? Da "La banalità del male" a 'il male della banalità': l'asticella continua ad abbassarsi, senza il clamore di un tonfo, ma con allarmante costanza. Guarda, ti prego.
    https://youtu.be/fGYhIIzRAGs
    Saluti,
    Giulia Cargnelli

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