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DUE DILIGENCE E CRITICITA' DEL SALONE: COME SI VA A RAMENGO


Assalto alla (due) diligence. Dipinto di Frederic Remington (1907)
E' sempre questione di dito e luna. E nella partita doppia del Salone – la partita dei conti e quella dell'inchiesta giudiziaria – prevale ovviamente il dito.
Provo a riassumere: leggo sui giornali che l'inchiesta dei giudici cerca di fare luce su “decine di migliaia di euro di spese che non sarebbero sufficientemente giustificate: ristoranti, alberghi, regali”. Poi leggo che i giudici hanno acquisito la famosa “due diligence” (l'esame certificato sui conti del Salone) che “non è ancora stata resa pubblica ma avrebbe confermato le gravi criticità sottolineate dalla presidente Milella”.
Ok, leggo queste due frasi accostate e, dato che sono un cretino, immagino che le “gravi criticità” corrispondano, e siano generate, da quelle “decine di migliaia di euro” spes in ristoranti e amenità varie.
Però poi persino il cretino si pone qualche domanda. Ma come?, si domanda il cretino, c'è un passivo di un milione di euro, no, anzi, i milioni potrebbero essere anche due, o tre, o chissà quanti, ciascuno butta lì una cifra e tutti fanno a chi la spara più grossa; epperò i giudici indagano sui conti dei ristoranti? Qualcuno mi spiega come si fa a sputtanare il bilancio di un Salone del Libro a botte di cioccolatini e chateaubriand?
Allora il cretino fa una supposizione: suppone che le “criticità” rilevate dalla “due diligence” non dipendano dal conto del “Vintage”. E magari neppure dai magri stipendi dei collaboratori messi alla porta in ossequio alla "spending review" della presidente Milella.
Apro parentesi: se anche un solo centesimo di denaro pubblico viene distratto a fini personali, è comunque un reato, e quindi spero che i giudici chiariscano e nel caso sanzionino. Però io vorrei capire come è andato a puttane il bilancio del Salone. Una mia idea ce l'ho, e l'ho scritta e riscritta. Però vorrei una conferma o una smentita ufficiali, da un documento contabile redatto da persone esperte e indipendenti. La “due diligence”, per esempio.
Sarebbe il caso di vederla, 'sta “due diligence” che a me - pessimo anglista - a orecchio fa tanto "Ombre rosse". E invece pare che nessuno abbia troppa fretta di renderla pubblica. Per ora ce l'hanno i giudici.

Cosa c'è nella “due diligence”?

Però il cretino conosce altri cretini, e tra cretini ci si aiuta, e così tra tutti salta fuori qualche brandello di informazione e qualche plausibile ipotesi.
L'ipotesi più accreditata è che la “due diligence” riveli che effettivamente nei bilanci del Salone ci sono delle “criticità”. E sai che rivelazione: ci volevano tre premi Nobel per l'economia, per arrivarci...
Per la precisione, la "due diligence" rivelerebbe (e mai il termine "rivelazione" fu più inappropriato) che il Salone aveva una perdita endemica di 400 mila euro all'anno. E non provvide a tagliare i costi. Mentre quella perdita a mano a mano intaccava il fondo di dotazione. 
Ciò fu grave colpa.
Adesso bisogna capire da dove venisse quella "perdita endemica". E dove fosse corretto tagliare.
A quanto si dice, dalla "due diligence" emergerebbe che sulla cifra totale dello sbilancio costruito a botte di 400 mila euro di perdite all'anno (se la cifra totale sia un milione, o due, o di più, non azzardo...), solo una percentuale ridotta – al massimo un dieci per cento – dipenderebbe dalle famose “spese non sufficientemente giustificate” e che spero qualcuno prima o poi giustifichi, e se non le giustifica sono tutti cazzi suoi.
Ma insomma, a quanto risulta da fonti autorevoli, non sarebbero stati i cioccolatini a spiantare il Salone.

A chi gli interessi? Alle banche

In quei 400 mila euro di perdite a me viene voglia di collocare gli interessi passivi pagati alle banche: quasi duecentomila euro all'anno. Per la precisione, starebbe scritto nella "due diligence", centonovantamila. Si potevano tagliare?
Comune e Regione versavano i contributi promessi con enorme ritardo (sai che scoperta), il Salone per avere subito i soldi necessari a mandare avanti la baracca se li faceva anticipare dalle banche, e le banche se ti danno i soldi vogliono gli interessi. Se paghi tanti interessi, vai a ramengo. E anche qui, per arrivarci non serve un premio Nobel per l'economia.
(By the way: il ritardo del pagamento dei contributi da parte degli enti pubblici e il conseguente indebitamento con le banche non è un principio ineludibile e universale: mi raccontava l'altro ieri un amico che i Teatri di Reggio Emilia riescono persino a intascare un interesse attivo, dalle banche. Per il semplice motivo che lì, in Emilia, gli enti pubblici pagano subito).
Comunque era difficile "tagliare" quei duecentomila euro. Le banche si sarebbero incazzate un tantinello.

Le committenze non pagate

Aggiungi che il Salone non ha mai ricevuto i soldi che gli enti pubblici avevano promesso al momento di affibbiargli certi “progetti speciali” che non rientravano nelle sue ordinarie attività: in particolare, la mostra “L'Italia dei libri”, commissionata in occasione delle celebrazioni del Centocinquantenario, costò alla Fondazione 489 mila euro, che gli enti locali s'erano impegnati a rimborsare lestamente. Voi li avete visti, tutti 'sti soldi? Io no. E il Salone nemmeno.
Ora, qualsiasi azienda, se esegue un'importante commessa, e poi il committente fa maramao e non paga, va a ramengo. Però prima di andare a ramengo chiama i carabinieri e fa arrestare il committente truffatore. Sperando - spesso invano - che i caramba e i giudici riuniti facciano scucire il malloppo all'insolvente.
Per motivi che mi sfuggono, Picchioni non ha chiamato i caramba, e si è limitato a strillare con Comune e Regione. A Comune e Regione gli strilli di Picchioni gli facevano manco un plissé, e l'hanno lasciato strillare. Finché è partita l'inchiesta per peculato, e così Picchioni ha smesso di importunare i committenti insolventi.
Non so perché, ma mi viene in mente Pinocchio nel paese di Acchiappacitrulli.
Ma questa è un'altra storia. Di fatto, al 31 dicembre 2014 il Salone dichiarava un credito totale verso gli enti pubblici di oltre 2,3 milioni. Hai voglia di farti di chateaubriand, con gli interessi che scuci per coprire una simile "sofferenza"...
Va detto che dalla Regione mi fanno notare che "i 190 mila euro sono dovuti a 3 milioni di debiti accumulati negli anni. non a ritardi di pagamento: mentre tutti gli altri facevano spendono review Picchioni ha continuato a spendere soldi fedele all'idea che tanto la politica ci avrebbe pensato"

Il contratto con Gl Events

Magari, però, si poteva recuperare qualcosa (anche 400 mila euro...) modificando il contratto capestro  con Gl Events per l'affitto del Lingotto. Gl Events intascava infatti l'intero fatturato del "ramo d'azienda" (affitto stand e biglietteria, a stima circa 2,6 milioni l'anno) e versava al Salone 143 mila euro di royalties (saliti a 392 mila solo l'anno scorso, dopo lunga e penosa trattativa). I giudici continuano a chiedere a Picchioni e a tutti gli altri convocati in procura per qual motivo il Salone si lasciasse tosare con tanta rassegnazione. Non risulta però che l'abbiano domandato a Comune e Regione che tenevano tanto al rapporto con Gl Events, nel timore che se ne andasse lasciandogli il Lingotto sul groppone.
A dire il vero anche sul contratto capestro Picchioni aveva strillato un bel po', con il solito esito. Zero. 

Quando leggeremo la "due diligence"?

Ad ogni modo. Con simili interessi passivi sul groppone, dovuti ai mancati o ritardati pagamenti da parte degli enti pubblici; e potendo contare su royalties da Gl Events modeste e non incrementabili - per evidente volontà politica - diventa difficilotto recuperare 400 mila euro all'anno. Certo: altri tagli erano possibili, ma quanti collaboratori bisognerebbe mettere alla porta per recuperare 400 mila euro? Al Salone non ce ne sono abbastanza, di collaboratori, per aspirare a così virtuoso risultato.
Detto ciò, rimane fermo il presupposto che la giustizia accerterà se si verificarono episodi di peculato.
A parte il fatto che Comune e Regione sono da sempre soci della Fondazione, hanno sempre avuto i loro rappresentanti nel CdA e negli altri organi di governo e controllo. E dunque, se (e sottolineo se) malversazione ci fu, i casi sono due: o Comune e Regione sapevano e non intervenivano, e questo è un comportamento criminale. Oppure non sapevano e si lasciavano derubare sotto il naso, e questo è un comportamento da cretini.
E insomma, nessuno ha   troppa voglia di leggere la famosa “due diligence”.

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