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MUSEO DEL CINEMA: IL BUCO E' CHIUSO, E LA PRESIDENTE MI SPIEGA DOVE VANNO ADESSO

Laura Milani, da giugno presidente del Museo del Cinema
Cuccurucucù, il buco non c'è più. Ieri il Museo del Cinema ha annunciato trionfalmente che "i conti sono sotto controllo e si registra un andamento soddisfacente dei ricavi. Questo il risultato a meno di tre mesi dall’insediamento del nuovo Comitato di Gestione, dopo un’attenta ricognizione dello stato finanziario del museo e grazie a una serie di accortezze sulla gestione dei costi".
Parbleu, che fenomeni: in tre mesi il rinnovato Comitato di gestione (Giorgia Valle, già nel precendente Comitato in rappresentanza di Compagnia di San Paolo, più Paolo Del Brocco e Annapaola Venezia, subentrati lo scorso dicembre in rappresentanza rispettivamente di Gtt e Fondazione Crt, e l'unica vera new entry, Gaetano Renda, di recente nominato dal Comune).e la nuova presidente (Laura Milani) hanno fatto un miracolo. Appena cinque mesi fa le prefiche della politica locale si stracciavano le vesti e urlavano di dolore, mentre ai giornali arrivavano inquietanti indiscrezioni su un buco abissale che, a seconda delle inclinazioni dell'informatore e del giornalista, variava da un milione di euro a 247 mila. Tutta colpa, ovviamente, del reprobo ex direttore Alberto Barbera che poteva così essere messo definitivamente alla porta in attesa di più gravi provvedimenti.
Una volta raggiunto tale primario scopo, il "buco" si è vistosamente ridotto: dopo più ponderate valutazioni, a maggio il consuntivo 2016 certificava una perdita di 181 mila euro. La notizia non fu molto pubblicizzata.
A me, che non so un tubo di contabilità, già all'epoca pareva che un passivo di 181 mila euro su un bilancio annuo di 14 milioni non fosse quell'iradiddio che sostenevano i politici disperati. Però chi non sa un tubo deve stare zitto e informarsi. E magari aspettare l'esito dell'inchiesta aperta dalla procura della Repubblica.
Ma per fortuna adesso c'è chi mi risponde, una donna sceltissima e immensa cui chiedo consensa (ok, tentavo la rima alla Don Raffae' ma non mi riesce), e così riesco a capirne qualcosa.

Intervista con la presidente

Ieri, raggiunto dalla notizia del risanamento, ho chiesto udienza all'artefice del risanamento medesimo, la neo-presidente del Museo Laura Milani che di mestiere fa il manager e di sicuro il suo mestiere lo conosce, dato che in tre mesi è riuscita a ripianare il disavanzo. 
Così le domando se un passivo di 181 mila euro su 14 milioni di bilancio è una catastrofe. Lei mi risponde che in un bilancio di 14 milioni una perdita di 181 mila euro ci sta, non fa spavento. Però, aggiunge, un disavanzo "può essere un indicatore". 
Cioé?, indaga l'ignorante Gabo. 
"Il segno meno - mi risponde la paziente Laura - ci avverte che c'è qualcosa che non funziona e che deve essere modificato prima che si trasformi in un problema grave".
Non sazio di sapere, a questo punto le chiedo cos'ha fatto in concreto per riportare i conti sotto controllo. 
"Con il Comitato di gestione abbiamo considerato il Museo come una realtà unica, con tutte le sue attività, festival compresi. Prima le varie sezioni andavano ciascuna per conto proprio, non si parlavano. Così abbiamo realizzato alcune economie di scala ed efficientato le voci di spesa".

Il progetto e i destini: di festival e personale

Dal profondo della mia ignoranza le confesso che, nel comune sentire, quando un manager pronuncia la parola "efficientare" si diffonde nell'aria un vago sentore di riduzione del personale.
"Assolutamente no - smetisce con foga l'appassionata Laura. - Adesso non abbiamo parlato di nessuna riduzione del personale. La struttura non è stata toccata". Confermo: dice "adesso".
Pausa. Poi continua: "Poi, quando sapremo dove andare, decideremo...".
Andare? Perché, si va da qualche parte?, chiedo io, sempre più curioso.
"Il primo intervento è stato conservativo. Abbiamo messo i conti in sicurezza. Ma il Museo deve avere un obiettivo per il prossimo futuro".
Ah, ecco. E l'avete già in mente?
"Beh, io un obiettivo ce l'avrei. Ma dobbiamo discuterne con Regione e Comune. Abbiamo fissato un incontro: noi del Comitato di gestione presenteremo un progetto, le istituzioni lo valuteranno e da quelle valutazioni capiremo qual è la strada che prenderà il Museo. Ad esempio, c'è l'idea della Città del Cinema: anche di quello parleremo".
Perfetto: e un bel dì - spero non troppo lontano - sapremo. E poi?
"In base alla strada scelta, capiremo se è corretta l'attuale struttura del Museo, o se serve cambiare. Insomma: decideremo il da farsi quando avremo ben chiaro dove andremo. Mi pare logico".
E' logico, convengo io. E a quel punto - azzardo - interverrete anche sulle strutture: al limite potreste abbandonare o accorpare uno o più festival.
Non ci casca: "Non posso dire. Si possono migliorare certi meccanismi. Adesso ogni festival ha uno o più uffici stampa, e tra di loro non si parlano; succede lo stesso per la ricerca degli sponsor. Non c'è coordinamento. Qui di sicuro potremmo intervenire per rendere il sistema più efficiente. Ma ciò non significa ancora che i festival saranno unificati".

Un direttore sì, ma dopo il progetto

Apprezzo molto quell'impercettibile scivolamento di "adesso" e "ancora" nell'ambito di un discorso complesso. E rilancio sull'altro fronte. Il direttore. Avere un progetto significa anche avere un direttore che lo realizza, faccio notare alla cortese Laura.
"Nessuno più di me vuole un direttore. Ma per avere un direttore ci vuole prima un progetto da affidargli. Insomma: al Museo non serve un direttore purchessìa, ma un direttore a cui affidare un progetto che arriva fino al 2020".
In cuor mio le vorrei obiettare che in genere funziona diversamente: in genere si fa un bando per la direzione, i candidati presentano il loro progetto e viene scelto il candidato con il progetto migliore. Ma la presidente mi previene: "Se noi aspettassimo di discutere un progetto con un direttore non staremmo nei tempi. Il macro (credo che intenda dire "le linee generali del progetto", NdG) lo discuteremo con le istituzioni".
Mi si rizzano i capelli a immaginare le valorose assessore Leon e Parigi negli inusitati panni di novelle Liette Tornabuoni: brave e care, di sicuro, ma anche espertone di cinema mi pare troppo pretendere. Eppure per progettare il futuro di un Museo del Cinema un po' di competenza in materia di cinema non guasterebbe.
Leggendomi nel pensiero, la veggente Laura precisa: "Nel Comitato di gestione abbiamo inportanti competenze in ambito cinematografico". Beh, sì: Del Brocco è l'ad di RaiCinema, e Gaetano Renda è un uomo di cinema di nota e comprovata esperienza. Ciò non toglie che mi domando chi sarà interessato a dirigere il Museo del Cinema con il compitino già assegnato... Onestamente, un nome di prestigio - e relazioni nazionali e internazionali - non me lo vedo tanto disponibile. Ma ogni giorno ha la sua pena. E su questo ci potete scommettere.

E Antonella è soddisfatta

Sulla vicenda del Museo nella tarda serata di ieri ho avuto occasione di scambiare due parole anche con l'assessore Parigi, intercettata al Castello di Rivoli dove inauguravano la mostra di Anna Boghiguian. 
Antonellina mi ha ribadito per l'ennesima volta il suo punto di vista: il Museo in passato (cioé ai tempi di Barbera) era gestito in maniera approssimativa, spesso senza tenere conto che lo status giuridico delle fondazioni è cambiato - passando dal diritto privato a quello pubblico - e che ciò comporta maggiori cautele e più accurate procedure. Inoltre, dice lei, si era creato all'interno del Museo un clima molto teso e dunque era indispensabile una nuova e diversa governance.
Vabbè, questo per il passato. Per l'oggi si è detta molto soddisfatta per i primi risultati raggiunti dalla nuova gestione, e mi ha espresso la massima fiducia in Laura Milani. 
Per il domani, aspetta di valutare il progetto che Laura le sottoporrà. Ma sono convinto che ne sarà entusiasta.

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