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BANDI: FATE COME VI PARE, MA NON PRENDETEMI PER IL CULO

L'eroico paladino della trasparenza combatte il drago dell'abuso
I ruoli sono interscambiabili: un po'per uno fa male a nessuno
Succedeva esattamente un anno fa. Era il 30 ottobre 2015, il Salone del Libro era nel marasma totale, e Piero Gastaldo, segretario generale della Compagnia di San Paolo, era appena stato nominato da Piero Fassino consigliere d'amministrazione della Fondazione per il Libro.

Il ritardo di Gastaldo indigna Appendino

La nomina di Gastaldo suonava come una "garanzia" del sostegno della Compagnia al pericolante Salone. Ma in quella nomina c'era un inghippo, e il pugnace e adamantino consigliere d'opposizione Chiara Appendino (insieme con l'adesso defenestrato Bertola) dava battaglia contro Fassino. Quel 30 ottobre di dodici mesi fa scrivevo su questo blog: "Durante il question time in Consiglio comunale Fassino ha risposto all'interpellanza dei Cinquestelle sulla nomina di Piero Gastaldo nel CdA del Salone del Libro , che presenta un (almeno apparente) vizio di forma: a quanto risulta, e come vi ho riferito, la candidatura del segretario generale della Compagnia di San Paolo a sedere nel Consiglio d'amministrazione del Salone è arrivata fuori tempo massimo, il suo ingresso nel CdA è stato deciso da Fassino soltanto dopo che l'11 settembre al Salone era capitato il noto cataclisma. La nomina di Gastaldo è stata annunciata lo stesso giorno, il 18 settembre, in cui risulta pervenuta in Comune la mail con la sua "candidatura": con oltre due mesi di ritardo rispetto alla scadenza del 16 luglio".
Il pensoso Fabrizio Ricca medita nuove interpellanze

Il ritardo di Coda indigna Ricca

Sono passati 364 giorni. Il Salone è ancora malato, in compenso la Fondazione Torino Musei ha attraversato la più grave crisi della sua storia, conclusasi - almeno per ora - con le dimissioni della presidente Patrizia Asproni. Dopo aver bamblinato per quattro mesi, intanto, il Comune ha finalmente mosso il culo, provvedendo a nominare il noto commercialista Roberto Coda come suo rappresentante nel Consiglio direttivo della Fondazione, al posto del dimissionario Maurizio Braccialarghe.
Ovviamente anche in questa nomina c'è un inghippo (anzi, due), e altrettanto ovviamente il pugnace e adamantino consigliere d'opposizione Fabrizio Ricca, nell'ambito della sua riconversione da esperto di videogame a paladino della cultura, dà battaglia contro Appendino.
Il primo inghippo è identico a quello che riguardava la nomina di Gastaldo al Salone. Pure per il posto nel Consiglio direttivo della Fondazione Musei c'era un bando, pubblicato il 30 agosto e chiuso lestamente il 12 settembre. Ma fra le candidature arrivate in tempo utile non c'era quella di Coda, presentata soltanto il 24 ottobre, il giorno precedente la sua nomina.

Appendino-Ricca: partiti diversi, stessa interpellanza

Scene di vita scolastica all'elementare Municipio: Fabrizio
 prepara l'interpellanza e la studiosa Chiara fa finta di niente
Ricca ci va dentro come un coltello nel burro (per dirla con classe) e rifila un'interpellanza a Appendino. Forse per svogliatezza, forse per perfida ironia, fa un bel copia incolla delle conclusioni dell'interpellanza appendinesca di un anno fa, cambia soltanto i nomi e le date, e voilà: i due testi, quello di Appendino/Bertola e quello di Ricca, sono identici ma funzionano entrambi. "Evidenziato che nella disciplina regolamentare gli elementi elencati all'articolo 4 del sopra citato regolamento, quali, a mero titolo esemplificativo, la denominazione dell'Ente, la descrizione del profilo orientativo delle funzioni, i requisiti per la nomina o la designazione, la data entro la quale deve essere presentata la candidatura, il compenso e\o il rimborso per lo svolgimento delle funzioni, eccetera, rappresentano elementi essenziali della procedura amministrativa; (generalità del nominato) manca di uno di tali elementi, e nella fattispecie l'aver inviato la domanda più di due mesi dopo la data di scadenza stabilita;
interpella
... se non vi fosse nessuno tra gli altri partecipanti al bando, i quali avevano inviato regolarmente la propria domanda entro il (giorno della scadenza dei rispettivi bandi), in possesso requisiti necessari per la nomina; se non consideri possibile un ricorso in via amministrativa di un singolo o congiunto; se tale disciplina di considerare le date di termine dei bandi quali delle mere indicazioni possa essere estesa erga omnia a tutti i procedimenti amministrativi della Città di Torino, quali ad esempio le gare di appalto delle opere pubbliche, gli affidamenti dei servizi, le elezioni amministrative o i concorsi per il personale".
Un filologo ipotizzerebbe un autore unico, Plutarco ci scriverebbe su una nuova coppia di Vite Parallele, un saggio concluderebbe che chi di bando ferisce di bando perisce.

Mi manda Picone: storia di bandi e d'amicizia

Giugno 2015: dai banchi dell'opposizione la pugnace Appendino incalza
l'assessore Braccialarghe sulle opacità del bando per la direzione del Mao
Aspetta, non è finita qui. Sulla nomina di Coda in Fondazione Torino Musei grava un'altra ombra, e Ricca per non farsi mancare proprio nulla nella stessa interpellanza ci butta il carico da otto: oltre a mettere in dubbio le competenze museali del Coda, e a sottolineare che confonde "coltura" con "cultura", il Robespierre Padano che tanto ama tagliare teste rammenta (anzi, "rileva") i pregressi legami fra Coda, Leon e la famiglia Appendino. Quelli, per intenderci, che vi ho raccontato nel post "E adesso vai con l'interpellanza su Coda".
Pure 'sta storia non mi suona nuova: per niente. Quell'aria da rimpatriata fra vecchi amici mi ricorda dannatamente la nomina di Marco Biscione alla direzione del Mao, che non mancò di fare incazzare me (e fin qui è facile, per cui vi confido che anche stavolta sono piuttosto incazzato) e di suscitare il sacro sdegno del pugnace e adamantino consigliere d'opposizione Appendino che (insieme con l'ancora non defenestrato Bertola) perseguitò per mesi Braccialarghe e Aproni con interpellanze a raffica.
In quei giorni gloriosi riassunsi così l'intera vicenda: "Commissioni ammaestrate, nomine fai da te, familismi accademici, assessori bugiardi, graduatorie stravolte, regole usate come carta da cesso".
Ecco, ci risiamo. Quelle parole posso riscriverle oggi, senza cambiare una virgola. Con la penosa differenza che adesso gli autori di così nobili performance sembrano proprio essere i moralizzatori di un tempo.
E per favore, non rompete i coglioni blaterando di complotti politici. Qui ci sono dei fatti. E' una situazione da interpretare, senza dubbio, come l'ombrello di Altan; però abbiamo eventi, date, nomi. Non pugnette. Aspetto quindi con ansia una interpretazione da chi di dovere.

E al Museo del Cinema i lavori sono in corso

Intanto li aspetto al varco delle prossime nomine: al Museo del Cinema hanno deciso di far fuori Barbera (e qui Comune e Regione mi paiono felicemente concordi) ma già stanno pasticciando con il bando per il nuovo direttore. La decisione di non decidere, prendendosi altro tempo, fa sospettare - considerato l'andazzo generale - che siano in atto i soliti papocchi. Il rinvio viene così motivato: "Dati i tempi brevi non è stato possibile arrivare a una scelta definitiva". E gli esegeti opinano che i nuovi entrati nel Comitato di gestione del Museo, lo psichiatra Massimo Sordella (uno psichiatra non guasta mai, di questi tempi e in questi luoghi) nominato in quota Gtt, e la neo-vicepresidente Giorgia Valle, non avrebbero ancora avuto il tempo di valutare le ben 88 candidature arrivate.
Si dà però il caso che non è previsto nel bando che il Comitato di gestione valuti tutte le candidature: tale compito credo spettasse alla società specializzata Praxi, che dovrebbe aver preparato una "short list" (non più di dieci nomi).
In realtà il bando si limita a annunciare, genericamente, che il Museo del Cinema "si avvarrà dei servizi di Praxi Spa, società di consulenza specializzata nella ricerca e selezione di profili Executive". Scritto col culo, certo: non dice che cosa deve fare in concreto la Praxi per guadagnarsi il suo onorario. Ma sulla scorta di analoghe esperienze, è lecito supporre che dovesse per l'appunto scremare le candidature.
Ora, mi vogliono raccontare che due persone intelligenti come Massimo Sordella e Giulia Valle proprio non ce la fanno, in un paio di giorni, a leggersi una decina di curricula e decidere? Ma vedete che insistono a fare torto all'intelligenza altrui?

Che poi, volessimo ammettere che l'impresa è fuori dalla portata dei due neo-membri del Comitato di gestione, il rinvio di due mesi pare comunque spropositato. Capisco una settimana. Dieci giorni, va'. Ma due mesi! Due mesi significano soltanto una cosa: le manovre sono aperte, e non mi stupirei se fuori tempo massimo arrivasse anche qui una qualche mirabolante nuova candidatura.

Il bando: rifugio degli imbelli e trionfo dell'ipocrisia

Nel dipinto di Hyeronymus Bosch: un  pubblico amministratore torinese
svolge sotto gli occhi del popolo le procedure per un bando trasparente
A questo punto, vorrei chiarire ancora una volta la mia opinione sui bandi. Da sempre considero il ricorso al bando pubblico l'ultimo rifugio degli imbelli, nonché il trionfo dell'ipocrisia.
Rifugio degli imbelli perché ricorrendo al bando il pubblico amministratore inetto e pavido scansa la responsabilità politica di nominare una persona di sua fiducia assumendosi l'onore di una scelta azzeccata o l'onere di piazzare su una poltrona un emerito cretino o una famigerata canaglia. Un essere umano con un accenno di spina dorsale e un barlume di amore per il bene pubblico si interrogherebbe onestamente su chi possa svolgere al meglio quel dato lavoro, e agirebbe di conseguenza. Fregandosene di amicizie o inimicizie. Purché funzioni. Se il politico è onesto, non serve nessun bando, la garanzia migliore è la sua onestà. Ma evidentemente i nostri politici non si fidano di se stessi, e quindi vai col bando.
Quindi il nostro sornioncello non s'arrischia. Preferisce nascondersi dietro la penosa menzogna della "trasparenza" garantita - a suo dire - dal bando. Seee. Nel mondo delle idee perfette, magari. Qui, nel paese del birra e salsiccia, funziona diversamente. Nel migliore dei casi funziona che fai il bando e sottobanco solleciti a parteciparci la persona che vuoi in quella data posizione, garantendole la vittoria: magari è pure un'eccellente persona, la persona giusta nel posto giusto, ma tu politico imbelle manco hai il coraggio civile di dirlo e agire di conseguenza, e preferisci la gherminella per scaricarti di ogni responsabilità. Tant'è che il Comune, nella passata consiliatura, lo ha stabilito per regolamento, l'uso generalizzato del bando. Sicché, se il tuo cocco poi sbaglia, puoi lavartene le mani dicendo "io? Cosa c'entro io? C'era il bando...". Ma va' là, ciaparatt che altro non sei.
E questo accade quando almeno si vuole salvare una parvenza di legalità. Se però hai lasciato scadere il bando senza farci partecipare il tuo candidato favorito, nessun problema: alla vigilia della nomina dai un colpo di telefono a Ciccio Formaggio, gli dici "Uehi, Ciccio, me lo fai un favore? Mandaci la tua candidatura, che ti facciamo vincere il bando", Ciccio Formaggio spedisce il curriculum (magari zeppo di errori d'ortografia), tu il giorno dopo lo nomini e pensi che siamo tutti cretini e che ce la beviamo.
E lì m'incazzo sul serio. Sono vecchio, ne ho viste di ogni e credo nell'umanità quanto credo nello scudetto del Crotone. Quindi sono amaramente rassegnato all'ipocrisia e alla pavidità, in primis dei miei dipendenti nelle istituzioni.
Ma mi manda ai matti che queste pompose nullità considerino me - il cittadino, l'elettore, il contribuente, quello che gli paga lo stipendio - un perfetto idiota da perculare a loro piacimento. Eh no, carini: sono più intelligente di voi (e ci vuole pochissimo), ho letto più libri di voi (e pure lì ci vuole poco), sono più vecchio di voi (per fortuna), sono un uomo di mondo avendo fatto tre mesi di militare a Savona, e principalmente detesto essere preso per il culo.
Per cui, vi prego: fate pure torto alla legge, fate torto alla vostra dignità se l'avete, fate torto alle vostre promesse e ai vostri impegni, fate in sostanza il gran cazzo che vi pare. Semmai ne riparleremo alle prossime elezioni. Però non fate torto alla mia intelligenza. Non ne avete gli strumenti.

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