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COME TI SALVO IL REGIO: LE ISTRUZIONI DEGLI ESPERTONI

Gianandrea Noseda (primo a destra) e gli altri commissari durante la "periodica audizione dei solisti facenti richiesta" per cantare al Regio
Bene. Come promesso, torno con la massima calma a occuparmi del Regio. A partire dalla notizia di ieri che il Consiglio d'indirizzo ha deciso - cito il comunicato ufficiale - "di posporre (vuol dire rinviare, NdG) al mese di gennaio, sentito il MIBACT, l’approvazione del Bilancio preventivo 2018. Il sovrintendente Walter Vergnano, in accordo con la sindaca (che è anche presidente della Fondazione Teatro Regio, NdG), presenterà, quindi, contestualmente al Bilancio preventivo 2018 anche un progetto artistico e finanziario del triennio 2018-2020.  Questa decisione è stata presa anche per dare la possibilità ai Soci Fondatori di avere a disposizione una visione più ampia e organica del percorso che intende intraprendere il Teatro Regio nel prossimo futuro".
La traduzione è semplice: le due fondazioni bancarie e l'Iren hanno scucito il milione  e mezzo che serve per tappare il buco che si è creato nei conti del Regio in seguito a un uso un po' sbarazzino di certi fondi nel 2015 (a questo link trovate la spiegazione precisa); però adesso vogliono andare con i piedi di piombo, e chiedono di vedere i programmi futuri. Anche Regione e Comune lo chiedono. Lo chiedono tutti. Quindi, il bilancio preventivo 2018 sarà approvato quando sarà pronto il piano triennale. A gennaio, appunto.
Intanto si profila sull'orizzonte del Regio una radicale riforma. Ve ne parlo: per dovere di cronaca, ma anche perché la ritengo indicativa della baldanza con la quale la politica ritiene di poter affrontare la complessità di un ente lirico. O di qualsiasi istituzione culturale.

Una mozione per rifare il Regio

Massimo Giovara, assessore aggiunto alla Cultura
Il M5S proporrà all'approvazione del Consiglio comunale una mozione (meccanografico 2017/05558) sui futuri assetti del Regio. Il primo firmatario è il consigliere (e sempre più assessore aggiunto alla Cultura) Massimo Giovara.
La mozione è un papiro di dieci pagine che non si limita a suggerire delle linee d'indirizzo, come è logico che faccia la politica; bensì fissa regole che investono le scelte artistiche, l'organizzazione, le strategie economiche, il marketing dell'ente. Roba che una volta, nei tempi oscuri, si pensava fosse materia per professionisti esperti.
Addirittura si propone un diverso sistema di "accesso" al palcoscenico del Regio: non più appannaggio di pochi personaggi privilegiati, i grandi interpreti d'opera manovrati da sinistre organizzazioni denominate "agenzie"; bensì democraticamente aperto a tutti (e tutte, beninteso, serviranno anche soprani e mezzi soprani), affinché chi si sente dotato possa dimostrare, davanti a un'apposita commissione, di saper decentemente cantare "All'alba vincerò". O anche qualcosa di meno difficile, raccomanderei io. Sennò non è abbastanza democratico.
Sempre nella mozione si prefigura l'istituzione di una "compagnia stabile" di cantanti del Regio, manco che da quelle parti non ci fossero già abbastanza bocche da sfamare. Tale compagnia stabile - formata da "artisti" democraticamente selezionati - andrebbe a spezzare il pane della scienza operistica fra le masse popolari, che si spera si accontentino dei cantanti democratici, e non gli tirino i pomodori appena steccano "Casta diva".
Ma bando alle ciance: sono sicuro che già i firmatari della mozione si stanno inalberando, sospettandomi di mistificare le loro intenzioni. Pertanto passo a loro la parola, citando i punti della mozione che mi hanno maggiormente interessato.

L'X Factor della lirica

Prossimamente sugli schermi del Regio: "Prova d'orchestra" di Federico Fellini
"Al fine di favorire il rapporto con il teatro che non debba necessariamente essere mediato da soggetto terzo" (traduzione: per andare in culo alle agenzie che hanno l'imperdonabile colpa di trattare soltanto professionisti, inibendo così la libera affermazione dei dilettanti della tampa lirica. NdG) la mozione propone di "istituire l'audizione periodica dei solisti facenti richiesta e non rappresentati da agenzia" (insomma, l'X Factor della lirica. NdG). La mozione è minuziosa, indica persino quali saranno i giudici: "Alla commissione di audizione partecipano il direttore artistico, il direttore musicale (Fournier e Noseda come Manuel Agnelli e Fedez: e proporrei anche un sistema di scontri diretti fra squadra blu - i tenori - e squadra rossa - i bassi - e chi vince va al Festival di Salisburgo. O di Sanremo. A scelta. NdG), delegati dei settori artistici del teatro (e ci mancava il sindacalista... NdG) e membri esterni di istituzioni culturali della regione, come conservatori e scuole musicali" (per piazzare i loro diplomati, immagino. NdG).

Un'opera non si nega a nessuno. Uno stipendio nemmeno

La mozione illustra ampiamente la bella trovata: "Accanto alla programmazione tradizionale con progetto triennale, che utilizza compagnie esterne al teatro (quelle cattivone che si fanno pagare tanto perché valgono tanto. NdG) va affiancato un modello di compagnia stabile che possa aumentare le recite dedicate alle fasce popolari e alle scuole. Il teatro di repertorio, ovvero un ampio numero di opere che si alternano di giorno in giorno e rappresentate per anni, può essere riproposto quindi al segmento di pubblico fasce popolari/scuole/turistico impiegando a tal scopo la compagnia stabile" (sapete che c'è? A me suona tanto come un "Checcazzo pretendono, per quattro soldi?". Non so: io preferirei una bella opera a un prezzo decente, piuttosto che dieci poverate a basso costo. Ma io sono un nemico del popolo, si sa. NdG).
A questo punto, la mozione si premura di precisare che gli "artisti" della compagnia stabile saranno "assunti con contratto triennale tramite audizione/concorso". Evvai, salta anche tu sul carrozzone. Mentre tante istituzioni culturali torinesi minacciano tagli del personale, il Regio imbarca altri bisognosi. Potrebbero anche coordinarsi. Chessò: se - dio non voglia! - il Museo del Cinema licenza, il Regio assume. Si chiamano ammortizzatori culturali. Così un esperto di cinema espressionista tedesco potrebbe riconvertirsi come basso buffo: dal dottor Caligari al dottor Bartolo, i cambiamenti sono il sale alla vita. 

A ciascuno la sua stagione d'opera. I più sfigati siamo noi anziani

Un altro passaggio delizioso della mozione - di cui raccomando l'integrale lettura non appena disponibile on line - è lo scaltrissimo progetto mutuato nientepopodimeno che dalla Royal Opera House, che è - come ci informano i didattici e premurosi estensori della mozione - "il più importante teatro lirico del Regno Unito".
A farla breve, i mozionanti sostengono che il Regio "potrebbe presentare una stagione differenziata e adattabile a seconda dei soggetti fruitori soddisfacendo i gusti di un pubblico di diverso livello culturale e generazionale". Segue elenco delle fasce: bambini/bambine (giuro, è scritto così, con i due generi), giovani 20-30 anni (degli adolescenti si è persa contezza), adulti 40-50 anni i quali, a norma di mozione, avrebbero diritto a una "alternanza di produzioni con la compagnia stabile (no grazie, tienitela te. NdG) e allestimenti di profilo internazionale di alto livello" (come se si potessero anche progettare allestimenti di profilo internazionale da portare in tournée, però di basso livello, meglio ancora se fanno cagare. NdG). E infine gli over 50: i più sfigati, manco a dirlo, ai quali toccano "allestimenti tradizionali legati al repertorio e recite a costo ridotto in ragione delle compagnie coinvolte", insomma i sottoprodotti per pubblici di bocca buona. Come esponente della categoria over 50 mi dichiaro offeso da questi giovinastri insolenti. Già ho il cuore malandato e i dolori articolari, perché dovrei ulteriormente affliggermi il poco che mi resta da vivere beccandomi le vostre offertone pulciosette da dame patronesse in visita ai poveri vecchi? Non è più semplice offrire a prezzo ultrapopolare per gli anziani (e pure per i giovani) a basso reddito i biglietti per il Regio vero, quello dei veri allestimenti e dei veri cantanti? Di cos'avete paura? Di ritrovarvi la sala piena di vecchietti male in arnese, proprio adesso che vi invitano alle prime?
Comunque va ancora peggio ai turisti, che si beccherebbero "opere di repertorio con la compagnia stabile del teatro". Insomma: un ottimo motivo per non venire a Torino.

Filo Sganga e i turisti

Vi risparmio i calcoli alla Filo Sganga per dimostrare che si rimpingueranno le casse portando ogni anno 45 mila turisti al Regio: è vero, sono appena l'1 per cento di quelli che visitano il Piemonte e basterebbero per aumentare di molto le presenze totali al Regio, che nel 2016 sono state (paganti) 165 mila. Però mi paiono ben poche le città che i turisti frequentano (anche) per andare a sentire l'opera: mi vengono in mente Londra, New York, magari Parigi. A parte, beninteso, le città "dedicate", tipo Bayreuth. Qualcuno è in grado di dirmi quanti sono i turisti che a Venezia affollano La Fenice, o a Napoli il San Carlo? Roma è meglio lasciarla perdere per carità di patria.

Caffé e diritti tv come il Metropolitan

La  mozione è uno scrigno di illuminazioni. Se non fossi arcistufo di scrivere, potrei approfondire, ad esempio, le brillanti istruzioni su temi quali "l'educazione della collettività" che purtroppo a tratti si scontrano con l'ovvietà: qualcuno, se ci riesce, li informi di quelle che sono già oggi le iniziative del Regio sul territorio, per le fasce deboli, per le scuole, eccetera eccetera eccetera.
Mi limito a rivelarvi che il documento chiude in gloria con la proposta di aprire una caffetteria al Regio. E con l'invito a prendere esempio dal Metropolitan di New York, che con i diritti cinematografici e televisivi delle suo opere incassa 18 milioni di dollari all'anno. Vasto e ambizioso programma. Mi permetto di ricordare che il Barcellona incassa dai diritti televisivi molto di più della Salernitana. Ma anche della Fiorentina, della Lazio e persino della Juve, del Napoli e dell'Inter, se il parallelo con la Salernitana vi sembra offensivo per il Regio. O per la Salernitana.
Al limite, proverei a vendere a qualche network il format "X Factor della lirica". Può darsi che funzioni.

Bonus track: dialogo fra un quasi assessore e un vecchio giornalista

Quando Giovara mi ha mandato in lettura la mozione, sono stato subito colpito dall'ideona della "compagnia stabile". Quindi, avvalendomi delle mirabolanti risorse tecnologiche del mio iPhone (vabbé, Whatsapp...) ho improvvisato un'estemporanea intervista, che qui riporto. In nero i miei messaggi, in corsivo quelli di Giovara, in tondo i miei commenti.
Chi li paga gli stipendi della compagnia stabile?
Paga il teatro mettendo in pratica un progetto diverso di programmazione che porta, secondo il modello europeo, ad un incremento di produzione. La biglietteria = più recite,  i proventi della diffusione cinematografica, non spendere 400.000 euro per una Turandot (massì, facciamo quei begli allestimenti del teatro parrocchiale, ecchessaramai? NdG), i risparmi da 2 direttori artistici (qui non è chiaro se Giovara pensa di far fuori Noseda o Fournier. O magari tutti e due: a che servono i direttori artistici, quando disponiamo di consiglieri comunali creativi ed esperti? Però, se li cacci chi fa il commissario delle "periodiche audizioni"? Vengono Fedez e Manuel Agnelli? NdG). Libro dei sogni? Ora gli stipendi sono coperti per 14 milioni e rotti dal Fus, il resto con contributi di Comune e Regione".
Ecco, appunto. Cioé sono soldi miei, che sputo con la montagna di tasse e imposte che devo pagare. Posso dire che non sono entusiasta? Posso? Decido che posso. E glielo dico.
Un bel carrozzone. Non bastavano gli orchestrali.
Giovara, che evidentemente mi considera ormai rincoglionito, ripete pazientemente il concetto:
"Gli stipendi arrivano da Fus (14 milioni), Comune (4) e Regione. In totale 21 milioni. La biglietteria copre la programmazione e gli allestimenti".
Insomma, i soldi pubblici oggi bastano a pagare gli stipendi in essere, penso io. Aggiungi altri stipendi, serviranno altri soldi pubblici. A meno di credere alla favoletta edificante della compagnia di mezze calzette che si sostenta riempiendo i teatri a prezzi popolari. Giovara ci crede, e me lo conferma:
"La compagnia stabile futura di solisti è quella cui mi riferivo e si sosterrà con maggiori recite e risparmi vari".
Ora, non capisco su quali dati contabili basi Giovara tanta granitica certezza. Mi fa sempre paura la genericità dei "risparmi vari". Restando sul piano del "secondo me",  a mio avviso è altissimo il rischio che pure gli stipendi dei cantanti della mutua finiscano a carico delle casse pubbliche. A carico mio, insomma. E francamente sarei anche stufo di mantenere tutti i genii incompresi di questo straordinario paese. Per cui replico.
Già me lo vedo. Diamo uno stipendio a qualche cantante affamato e alla fine pago io. Mi piace, è evangelico. Dar da mangiare agli affamati. 😂
Giovara è pazientissimo. Mi spiega per filo e per segno il suo piano artistico-finanziario. Segue dialogo serrato.
"La compagnia stabile abbatte i cachet dei solisti per cui avremo recite a costi notevolmente più bassi. Ciò vuol dire che ci saranno recite con cantanti a cachet e recite con cantanti a stipendio. Come avviene normalmente nei teatri anglosassoni".
Sarà bellissimo.
"Tu lo chiuderesti, vero?".
Ciò che farei io non ha nessuna importanza. Io non ho il potere democraticamente conquistato alle urne, né mai lo avrò.
"Il potere del giornalista?".
Te pareva che non tirava fuori la minchiata. Nel petto mi urge l'istinto di rispondere che gli va bene che non ho nessun potere, altrimenti sarebbero già tutti quanti a spalare nelle miniere di salgemma. Ma a che pro polemizzare? Oltretutto Giovara mi sta simpatico. A modo suo. Mi limito quindi alla replica istituzionale: 
Io faccio un mestiere, non un esercizio di potere.
E in cuor mio penso a quanti, invece, esercitano il potere senza mai aver avuto un mestiere.
Salgemma. O anche trapiantare il riso a mano. E' molto bio.

Aggiornamento: "Giovara l'ha presa bene: e io gli spiego perché non deve metter su la mutria"

Commenti

  1. Leggeremo il testo integrale. Nel frattempo mi domando quale risposta i firmatari della mozione si siano dati – poiché non dubito che il quesito se lo siano posto – sul perché ancora nessun teatro d'opera italiano si sia dotato di una compagnia stabile, proposta evidentemente così vantaggiosa. “Perché tanto pagano i contribuenti” o qualcosa di magari un po' più articolato?

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  2. Le scuole pubbliche sono piene di insegnanti a contratto annuale (per rispetto nei loro confronti smettiamola di chiamarli precari), gli ospedali pubblici appaltano a ditte esterne i ruoli di medico specialista e questi vogliono istituire la figura del teatrante di stato, con contratto a tempo indeterminato. E poi come fai ad avere una compagnia stabile di cantanti e attori? Se ti serve un tenore e non c'è l'hai cosa si fa? Si fa cantare un basso al suo posto?

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    1. Preciso che la mozione parla di "contratto triennale", non "a tempo indeterminato"

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