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LA VERITA', VI PREGO, SUL SALONE (POSTILLE A CHIARABELLA&LEON)

Per fortuna domani decidono che cosa fare di 'sta sventurata Fondazione per il Libro. E di conseguenza del Salone. Almeno la finiranno di stressarci le palle con i loro giochini d'avanspettacolo, che hanno annoiato tutti, me compreso.
L'unica cosa che ancora riesce a suscitarmi un minimo sfrizzolamento sono le dichiarazioni a muzzo che s'intrecciano sui giornali. Giusto per il piacere della verifica.
Grazie al cielo ho però una vita mia, e quindi ieri non ero in Consiglio comunale ad apprezzare l'ampio e profondissimo dibattito scaturito dall'interpellanza generale sul futuro della Fondazione per il Libro. Poco male. Leggo i giornali e apprendo dalle cronache che l'assessore Leon ha dichiarato quanto segue.

La prima dichiarazione di Leon: la "situazione finanziaria"

Sostiene Leon: "L’Amministrazione (vuol dire il Comune, NdG), insieme ai soci della Fondazione per il Libro (gli altri soci: Regione e Intesa San Paolo, NdG), sta affrontando una situazione finanziaria avendo oggi chiarito alcuni aspetti determinanti per costruire il futuro". Proviamo ad analizzare. Punto fermo è che la Fondazione ha due milioni di debiti con i fornitori (o forse un po' di meno, ma insomma siamo lì). Trattasi di una crisi di liquidità: in Fondazione mancano i soldi. I politici ci hanno raccontato che la Fondazione i soldi se li è sputtanati a poker e champagne (le famose "spese fuori controllo", che prima o poi gradirei vedere documentate), ma di rado hanno accennato a quella che sono incline a considerare la  causa principale della crisi: i finanziamenti e i pagamenti dovuti (e promessi) dagli enti pubblici che in concreto arrivano, se arrivano, con anni di ritardo, mentre nell'attesa la Fondazione è costretta a indebitarsi con le banche pagando fior di interessi. Se sono questi gli "aspetti determinanti" che lorsignori si sono chiariti, avremmo compiuto un immane passo avanti. Ma non ci conto troppo, considerati i soggetti. Intanto, far valutare il marchio quanto un alloggetto in semiperiferia non ha dato i frutti sperati: è solo servito per far saltare il risultato d'esercizio (che sarebbe come dire il "patrimonio" della Fondazione) e indurre così un po' di scribi - che non sanno distinguere un bilancio d'esercizio da un consuntivo annuale - a raccontare al popolo che "il Salone ha un milione di buco nel bilancio".
In realtà il bilancio consuntivo 2016 chiude quasi in pareggio: anzi, mi risulta che senza gli interessi dovuti alle banche sarebbe in positivo. CVD.

La seconda dichiarazione di Leon: l'avviso a Chiamparino

Sostiene Leon: "Salvare la Fondazione per il Libro è possibile solo se si trovano soggetti privati che si impegnano a erogare risorse. In questo senso non risultano oggi alla conoscenza dell’assemblea dei soci elementi apprezzabili che consentano operazioni di risanamento dell’ente, tenendo conto, e non è un dettaglio irrilevante, che esistono legislazione e determinazioni della Corte dei Conti che fanno espresso divieto a soci pubblici di ripianare un disavanzo dell’ente in mancanza di un piano di risanamento credibile approvato dai soci". Insomma, Leon dice che non c'è un privato disposto a cacciare un euro, e Chiamparino non si azzardi a mettere dei soldi di tasca sua perché non può; a meno che ci sia un piano di risanamento. Il piano di risanamento non c'è: il primo pensiero di qualcuno, fra lorsignori, è stato (s)valutare il marchio. Salvo essere preso in contropiede dall'inaspettata pubblicazione dei dati statistici sul valore economico del Salone. Che come "piano di risanamento" mi paiono un buon punto di partenza.

La terza dichiarazione di Leon: la "necessaria ristrutturazione"

Sostiene Leon: "L’Amministrazione insieme alla Regione hanno individuato un cammino che consentirà la realizzazione del Salone del prossimo maggio 2018, attivando nel contempo un percorso che porti la Fondazione ad onorare i debiti verso i fornitori... e al recupero dei crediti, processo avviato già dallo scorso anno e da perseguire con continuità. Qualora in questo periodo si concretizzassero effettivamente le condizioni per il risanamento dell’ente, la Città di Torino sarà a fianco della Fondazione per la sua necessaria ristrutturazione, tenendo conto della delicatezza con cui occorre trattare il tema dei posti di lavoro e delle competenze che rappresentano e per la migliore continuità della rassegna".
Per onorare i debiti bisogna recuperare i crediti, e i crediti la Fondazione per il libro li ha essenzialmente nei confronti di Comune e Regione. Quindi non è così difficile capire quali sono le responsabilità e quali le cure. Ciò che mi spaventa è la minacciosa promessa che "la Città di Torino sarà a fianco della Fondazione per la sua necessaria ristrutturazione", va da sé nell'ipotesi che "si concretizzassero le condizioni per un risanamento". 

Chiarabella con l'elmetto: dalle bombe a orologeria al risiko

Alle dichiarazioni della Leon ne è seguita una di Chiarabella: "Stiamo lavorando da mesi a questi temi e più che seduti sugli allori siamo seduti su una bomba ad orologeria: non si può lavorare sempre in emergenza, il Salone è un patrimonio di tutti e vogliamo salvarlo, ma è forse arrivato il momento per intervenire in modo strutturale perché il problema non si ripeta più. Nessuno di noi vuole liquidare la Fondazione perché è brutto e cattivo, lavoriamo in piena concordia istituzionale, ma andremo avanti solo e se ci saranno le condizioni". E qui tout se tient: "intervenire in modo strutturale perché il problema non si ripeta più" significa che il Comune non rinuncia alla prospettiva di controllare il Salone tramite cabine di regia e/o fondazioni fidate, una volta liquidata la Fondazione per il Libro. Non perché c'è qualcuno "brutto e cattivo", ma perché ciò può essere funzionale al risiko del potere. In politica va così. 

Il sogno di Lagioia: il tempo per pensare, il tempo per fare

Domenica ero a Nizza Monferrato, ad una manifestazione libraria alla quale hanno partecipato anche il direttore del Salone, Nic Lagioia, e il vicepresidente Mario Montalcini. 
Lagioia fa il direttore e cerca di tenersi fuori dalle beghe miserabili del potere. Però nelle sue parole ho colto un disagio vero. Vi trascrivo un passaggio del suo intervento: "Il mio augurio è che le istituzioni, una volta messi in salvo la Fondazione e il Salone, riescano a creargli attorno una piattaforma che consenta di lavorare con tranquillità e con una programmazione di quattro-cinque anni, come accade a tutte le grandi fiere librarie internazionali. E invece anche quest'anno ci ritroveremo a fare in sette mesi il lavoro di un anno. Ok, la situazione è meno drammatica dell'anno scorso perché la squadra di lavoro c'è già. E avremmo i numeri per crescere, per diventare il Salone più importante d'Europa. Ma se la politica non ci consente di fare programmi a medio-lungo termine, noi rendiamo al 50 per cento delle nostro potenzialità. Questo è ciò che accadde oggi. Figuratevi come sarebbe il Salone se ci dessero la possibilità di lavorare tranquillamente".
Già.
E chiudo qui, per il momento. Alla vigilia dell'assemblea dei soci che deciderà (forse) il destino della Fondazione per il Libro, non penso di poter aggiungere altro. Mi limito a ciò che posso verificare e dimostrare documentalmente. Le piccole storie ignobili della politichetta un'altra volta, magari. O forse no. Non meritano neppure due righe su un blog.

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