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DI LOTTA E DI GOVERNO: LE AMBIZIONI DI GIOVARA

Massimo Giovara, assessore-ombra
Butto giù un appunto veloce veloce, a futura memoria. Stamattina noiosissima Commissione cultura a proposito di due mozioni del Crociato Padano Ricca di cui vi ho già parlato: una propone di mettere alla porta il direttore del Mao Marco Biscione, la seconda di far vivere la Fondazione Cultura. Come vi ho spiegato, si tratta di strategie politiche, per mettere in difficoltà Appendino: Chiarabella quando stava all'opposizione ogni due per tre chiedeva la testa di Biscione e la chiusura della Fondazione Cultura, adesso che comanda si tiene Biscione ed è pappa e ciccia con la Fondazione Cultura e la sua segretaria generale Angela Larotella.

Giovara: La Fondazione ce la teniamo

Non vi molesterei neppure con queste minchiate. Ma nel corso del penoso dibattito - consueto repertorio di frasi fatte, ripicche da asilo e inquietante impreparazione - succede un fatto interessante. Si sta parlando della Fondazione Cultura, e il consigliere Massimo Giovara del M5S afferma, per la prima volta così esplicitamente, che la maggioranza intende "tenerla aperta, e cercare di capire come rivederne le funzioni". I malignazzi dell'opposizione gli rinfacciano il dietro front rispetto alle antiche - e pure meno antiche - intemerate di Chiarabella, e gli fanno notare che è in contraddizione rispetto alle linee programmatiche della Giunta, votate l'anno scorso dal Consiglio comunale. Al che Giovara risponde filosoficamente: "Siamo tutti in contraddizione, non è un tema che interessa ai cittadini". E se lo dice lui...

Ferrero: No, la Fondazione la chiudiamo

Ma insorge un'altra cinquestelle, la consigliera-pasionaria Viviana Ferrero: "Noi siamo qui per realizzare il programma, quindi dovremo arrivare alla chiusura della Fondazione", dichiara con slancio rivoluzionario.
Beh, penso io, c'è dialettica interna anche tra i cinquestelle, e ciò è un sintomo di democrazia. Però la faccenda mi incuriosisce: La Ferrero - a detta degli osservatori del Palazzo - appartiene all'area "movimentista" del partito, i "duri e puri" a quali non piacciono gli atteggiamenti filo-establishment dell'Appendino. Ma pure Giovara un tempo mi era sembrava alquanto radicale nelle sue posizioni. Ma io non sono un analista politico. 

Dove vai, se l'assessore ombra non ce l'hai?

Mi domando però se la moderazione appendiniana sempre più sciorinata da Giovara non sia l'avvisaglia di orizzonti di gloria per l'attore che fustigava il Sistema Torino. Ci siamo accorti tutti che Giovara da qualche tempo si atteggia ad assessore ombra per la Cultura: è sceso in campo per difendere le politiche culturali della giunta nel dibattito con Luca Cassiani al Polski Kot, mentre Leon restava in platea; è stato presentissimo per nominare Giorgio Li Calzi alla direzione del Jazz Festival; detta la linea della politica culturale cinquestelle con pensosi editoriali on line; affianca Francesca Leon in incontri e trattative anche importanti. Forse per darle un aiutino.
Insomma, sbaglierò (è vero, siamo tutti in contraddizione, e miseramente fallibili) ma ho l'impressione che negli ultimi tempi, e ancor più dopo la caduta di Giordana, Giovara stia assumendo un ruolo sempre più anomalo rispetto a quello di un normale consigliere comunale. Per come la vedo io, comincia persino a debordare dal ruolo di assessore-ombra. Se alla Cultura si profili un cambio della guardia, lo scopriremo soltanto vivendo. Io, per non saper né leggere né scrivere, mi porto avanti col lavoro.

Aggiornamento: interviene Giorgio Li Calzi

Oggi pomeriggio (sabato 25 novembre) Giorgio Li Calzi, il direttore del futuro Torino Jazz Festival (o come si chiamerà), ha pubblicato su Fb un commento a questo post che qui linko, con la mia risposta. Per vostra comodità, ricopio qui sotto sia il commento di Li Calzi, sia la mia replica.

Giorgio Li Calzi ciao Gabriele, vorrei spendere qualche buona parola nei confronti di Massimo Giovara. anche se in fondo io e lui siamo più colleghi che amici, avendo realizzato alcuni spettacoli insieme qualche anno fa: lui attore e regista, peraltro di grande talento, e io musicista. Poche parole, ma fatti concreti, in mezzo a mille difficoltà lavorative, non ultima, quella di inserire con dignità gli spettacoli nei circuiti, nei cartelloni. Forse anche per via di tutte queste difficoltà, Massimo ha sentito a un certo punto, la necessità di portare in scena "Sistema Torino", e poi, cosa che gli ha fatto onore, di candidarsi. Il fatto che Massimo abbia sempre avuto voglia di mettere la faccia nelle cose della sua vita lavorativa, esattamente come ora di dire, a ragione, a un presidente di un'importante istituzione culturale torinese, che le sue dichiarazioni sono fuori luogo, me lo fa sembrare più etico che "ambizioso". Cioè, l'assessora Leon non sta certo covando una serpe in seno. Piuttosto l'esperienza lavorativa sul campo di Giovara, non può che essere un grande aiuto per l'assessorato.
Per quanto riguarda le sue affermazioni, direi di dargli la possibilità di lavorare senza stare a pesare ogni sua minima dichiarazione, e magari di valutare meglio il suo operato tra qualche tempo.
Ora, ricollegandomi a quanto scrivi rispetto alla mia nomina al TJF: è vero, è lui che mi ha presentato all'assessora. Peraltro, nè io nè Diego Borotti abbiamo mai chiesto un incontro con lei per autocandidarci al TJF. Ecco, quando qualche settimana fa, Massimo mi fa: comunque ci tengo a dirti che mi faceva piacere che tu e diversi altri musicisti poteste conoscere Francesca. Ma guarda che non ti ho scelto io. Ti ha scelto esclusivamente lei.
E' proprio questo piccolo dettaglio che mi fa apprezzare particolarmente il collega Massimo Giovara.


Gabriele Ferraris Caro Giorgio Li Calzi. Io ho riportato dei fatti. Le interpretazioni sono libere. In genere, le excusationes non petitae, specie per conto terzi, mi lasciano perplesso. Ma ciascuno ha la sua sensibilità. Respingo invece cortesemente al mittente la frase "direi di dargli la possibilità di lavorare senza stare a pesare ogni sua minima dichiarazione, e magari di valutare meglio il suo operato tra qualche tempo": decido io, e soltanto io, i tempi e le modalità del mio lavoro, i temi che mi garba trattare, i comportamenti pubblici dei nostri dipendenti che intendo prendere in esame. Fin da giovane non ho mai consentito, neppure agli amici, neppure ai superiori, di dirmi che cosa posso e che cosa non posso scrivere. Non lo farò certo adesso che sono vecchio. Di ciò che scrivo rispondo soltanto alla legge, alla mia coscienza e alle regole professionali e deontologiche del mio mestiere.

Commenti

  1. Ha anche scritto un articolo su www.nuovasocieta.it/metropoli/la-nostra-visione-di-cultura

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