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TUTTA MIA LA CITTA': IL FATTO NUOVO E' IL TOTANO

Ho ben poco da scrivere a proposito di "Tutta mia la città", a meno di non cadere nella facile ironia sulla scelta di battezzare un cartellone estivo che si vorrebbe altamente innovativo con il titolo di una canzone dell'Equipe 84 del 1969. Poteva comunque andare peggio, potevano chiamarlo come una canzone di Irene Grandi del 2007.
Quanto all'innovazione, sarò ottuso io ma stento a distinguere "Tutta mia la città" dal solito cartellone di spettacolini nei parchi e nelle piazze dei quartieri cittadini, promossi più o meno convintamente dalle circoscrizioni: tarde e stanche continuazioni dei mitizzati Punti Verdi
Non che ciò sia un dato negativo: da sempre le amministrazioni torinesi hanno, con varia convinzione e varia metodologia, incentivato la diffusione in città di tali occasioni di "spettacolo sotto casa", per larga parte della popolazione unica alternativa culturale estiva al chioschetto delle angurie.
Ormai non sono un fattore di novità neppure le lodi e i ringraziamenti che - durante la pomodorinica conferenza stampa - l'amministrazione comunale anche stavolta rivolge alla Fondazione Cultura, che ormai la giunta Appendino considera nei fatti un irrinunciabile braccio esecutivo dei propri progetti festivalieri. Proprio come diceva Fassino. Le cose cambiano.
"Un percorso condiviso e partecipato": Larotella e Leon
A illuminarmi sui caratteri innovativi dell'edizione 2017 di "Tutta mia la città" intervengono però le parole dell'ex assessore alle Fontane e nuovo assessore alla Cultura Francesca Leon, che stamattina presentando "Tutta mia la città" ha spiegato che l'amministrazione comunale stavolta "ha lavorato in modo diverso" e in particolare si è "confrontata con le Circoscrizioni" e naturalmente "con le associazioni attive sul territorio", sicché il risultato di questo "lungo lavoro" è un "programma condiviso con tutti i soggetti che operano in queste aree", con conseguente "valorizzazione di luoghi e attività importanti per la città".
Insomma, per dirla nella lingua del mondo niovo, "un percorso condiviso e partecipato". E ciò è molto bello.

Un budget da duecentomila euro

Come al solito mi sono informato sul costo: la segretaria generale della Fondazione Cultura Angela Larotella mi dice che "Tutta mia la città" costa 200 mila euro, completamente pagati dalla solita banca Intesa San Paolo. E anche questo è molto bello: Michele Coppola dacché è passato in Banca Intesa sta facendo per la vita culturale di Torino e del Piemonte ben di più di quanto abbia saputo e potuto fare quand'era assessore regionale alla Cultura. 
Non mi è del tutto chiaro come sono spartiti quei duecentomila euro: Larotella dice che ogni Circoscrizione riceverà per i propri spettacoli circa 10 mila euro di contributo, il che fa all'incirca centomila euro. I restanti centomila presumo che vadano a progetti particolari: per esempio, a mia specifica domanda Larotella precisa che Todays Festival, pur inserito nel cartellone di "Tutta mia la città", gode di sponsor suoi, ma riceverà comunque "un pezzetto" della somma destinata da Intesa a "Tutta mia la città". Larotella non specifica a quanto ammonti tale "pezzetto".
Larotella aggiunge che alcune Circoscrizioni hanno contribuito con fondi propri: nello specifico la 2, la 4 (ma con servizi, non con danari sonanti) e la 5 che finanzia in proprio alcuni spettacolini autogestiti.

Che cosa c'è nel contenitore

In concreto, il cartellone di "Tutta mia la città" riunisce - come di consueto - alcune gloriose rassegne estive che si ripropongono ormai da molti anni ad opera di sperimentate associazioni, e le solite arene cinematografiche, tra cui l'arena al Parco Rignon, un classicone quest'anno affidata a Gaetano Renda, storico gestore torinese di recente indicato dal Comune nel Comitato di gestione del Museo del Cinema (in bocca al lupo, Gaetà...).
Inoltre, come sempre accade con le programmazioni estive, vengono attribuiti a "Tutta mia la città", a far numero e prestigio, anche spettacoli di altri cartelloni: stavolta sono quelli di Torino Estate Reale in piazzetta per l'appunto Reale e quelli alla Palazzina di Stupinigi proposti dal circuito regionale dei "Palchi Reali". Preciso che tutti questi spettacoli "reali" non sono finanziati con i fondi destinati da Intesa San Paolo a "Tutta mia la città". Hanno budget propri.
Va da sé che ci sono pure i progetti originali, nati apposta per Tutta mia la città: io, compulsando il programma, ne  che si intitola "Il totano nella chitarra": è un festival di "teatro fisico e circense" frutto della collaborazione fra le Circoscrizioni 6 e 7: e questa collaborazione è il fiore all'occhiello di Tutta mia la città, un "percorso innovativo" che s'inorgoglisce l'assessore Leon: "E' quello il modello da seguire, che aiuta tutti a crescere meglio: chiamare a raccolta le associazioni e le Circoscrizioni per strutturare le attività sul territorio" è l'imperativo categorico che più volte la Francesca ribadisce con viva e vibrante soddisfazione.

La smorfia, il totano e il segreto del 76

E' così lieta, la Leon, che indulge a rivelare un simpatico retroscena, ovvero l'origine del nome del festival: in effetti, che vorrà mai dire "Il totano nella chitarra"?
Ce lo spiega l'assessore Leon: "Sono coinvolte le Circoscrizioni 6 e 7 e 6 e 7 fa 67: nella smorfia napoletana il 67 è per l'appunto 'il totano nella chitarra'; il 76 non andava bene - aggiunge Francesca en passant - e quindi il festival abbiamo deciso di chiamarlo così: il totano nella chitarra".
Tutto chiaro. E a questo link potete scoprire i reconditi significati della pittoresca espressione partenopea. 
Solo non capisco perché secondo Leon "il 76 non andava bene". Per informazione di chi non gioca al lotto, o di chi non è napoletano, segnalo che nella smorfia il 76 è "la fontana".

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