Passa ai contenuti principali

NARRAZIONI JAZZ: POCHE CIANCE, E FUORI IL ROI

Ieri si è chiusa la prima edizione di Narrazioni Jazz. 
La Fossa delle Marianne della grafica pubblicitaria: il manifesto di Narrazioni Jazz
Pochi se ne sono accorti.
Nella tarda serata di ieri il volonteroso ufficio stampa del Comune ha diffuso il comunicato di prammatica, che parla di una generica "grande partecipazione diffusa in tutta la città". Di dare un paio di dati - ad esempio i biglietti venduti per i concerti a pagamanto - manco a parlarne. "Grande partecipazione diffusa" doveva essere, e grande partecipazione diffusa sia. 
Io, a dire il vero, in questi giorni la "grande partecipazione diffusa" l'ho vista per il Salone, non per Narrazioni Jazz. La mia panettiera l'altra mattina mi ha parlato del Salone, non di Narrazioni Jazz. Mi ha detto che quest'anno ci andava anche lei, al Salone; nessun accenno a Narrazioni Jazz. A dirsela tutta, la mia panettiera manco sapeva dell'esistenza di Narrazioni Jazz - come d'altronde la più parte dei torinesi.
Le dichiarazioni finali dei pomodorini sono pomodorinamente entusiaste. Sono dichiarazioni standard, potevano scriverle prima ancora che Narrazioni Jazz cominciasse. Mitica quella assai giuliva di Chiarabella:
"La città è stata contagiata (cuntach! NdG) dai ritmi jazz grazie ad un festival diffuso sul territorio... E' proprio quello che cercavamo quando abbiamo progettato il festival". Da manuale le parole dell'assessore alle Fontane: “Nel fine settimana, caratterizzato dallo straordinario rilancio del Salone del Libro, salutiamo il successo di Narrazioni Jazz il nuovo format innovativo voluto dalla città (nel testo originale "città" è minuscolo, ma forse ci vuole la maiuscola, così da indicare "Città" nel senso di "amministrazione comunale": la città intesa come "privati cittadini di Torino" non mi è sembrata particolarmente ansiosa di godere del nuovo format innovativo... NdG). Il Festival - prosegue Leon - mostra come si possano coniugare la qualità della proposta culturale con il rilancio della produzione delle realtà territoriali e la diffusione della musica in tutti i quartieri della città”.

Carta canta e villan dorme

Ciance in libertà. Al netto di ciò che scrivono vari siti riportando fedelmente il comunicato dell'ufficio stampa del Comune (e lo chiamano giornalismo...), io aspetto i dati delle biglietterie, e soprattutto un report sulle ricadute economiche - il famoso ROI tanto caro alla Leon - di Narrazioni Jazz, "il nuovo format innovativo voluto dalla Città" al posto del Torino Jazz Festival brutto e cattivo.
Adesso Appendino e Leon cercano di cambiare le carte in tavola indicando come obiettivi di Narrazioni Jazz "il rilancio della produzione delle realtà territoriali e la diffusione della musica in tutti i quartieri della città".
Ma per favore! Toglietemi tutto ma non la mia intelligenza, e la mia memoria: appena sette mesi fa, il 17 ottobre scorso, l'assessore Leon aveva demolito il Torino Jazz Festival denunciandone l'inanità economico-turistica. Ecco le sue parole: "L’indagine sul pubblico realizzata dall’Osservatorio Culturale del Piemonte e mai comunicata all’esterno (questa è una balla: i dati erano noti, magari qualcuno dell'Osservatorio Culturale del Piemonte li ha comunicati personalmente alla Leon che li ignorava, e lei ha pensato di essere venuta a conoscenza di dati segretissimi, NdG) mette in luce la rilevanza locale dell’evento e una scarsa capacità di attrarre pubblico da fuori. La partecipazione è tra 75% e l’85% rappresentata da pubblico locale e solo il 18% dei partecipanti ha scelto di visitare Torino per il festival, determinando un ROI ("return on investiment", "ritorno economico dell'investimento", ovvero la famosa "ricaduta sul territorio", NdG) corrispondente alle spese per realizzarlo. La programmazione culturale, dunque, e gli eventi vanno letti alla luce dei risultati e non della propaganda per costruire una programmazione culturale che tenga conto di tutto ciò".

Smettete di fare i pomodorini e tirate fuori il ROI

In perfetto accordo con le parole dell'assessore Leon, adesso io gradirei sapere - in tempi ragionevoli - di quanto è aumentata, in virtù di Narrazioni Jazz, la presenza del pubblico non locale (beninteso al netto del pubblico del Salone: non perculiamoci, please), e se il ROI di Narrazioni Jazz sia sensibilmente migliorato rispetto a quello del Torino Jazz Festival che era "corrispondente alle spese per realizzarlo".
Ricordo che il Torino Jazz Festival durava dieci giorni e costava un milione di euro, pagati dagli sponsor con l'eccezione dei 120 mila euro per la promozione che venivano spesi direttamente dal Comune.
Orizzonti di boria. La presentazione di Narrazioni Jazz, allorché
l'assessore Leon enunciò la stravagante teoria in base alla quale
gli studi di markentig su una manifestazione "si fanno alla fine"
Narrazioni Jazz è durato quattro giorni (più la serata inaugurale) ed è costato 600 mila euro, pagati dagli sponsor con l'eccezione dei 50 mila euro per la promozione spesi direttamente dal Comune.
Quando i garruli pomodorini avevano presentato Narrazioni Jazz io avevo anche domandato alla Leon quale ROI si prefiggessero di generare e se esistesse uno studio di markenting. Leon, seccata, aveva replicato che "gli studi si fanno alla fine".
Perfetto: adesso siamo alla fine, aspetto gli studi.

Narrazioni e Salone insieme: la minchiata dell'anno

Io, che non dispongo di un Osservatorio Culturale al mio servizio, posso solo basarmi sulle mie personali impressioni. E la mia personale impressione è che la visibilità e l'attrattività di Narrazioni Jazz siano state bassissime per due banali motivi: il cartellone e il format stesso non erano niente di che; e quel niente di che è stato sommerso e cancellato dall'enorme attenzione attorno al Salone del Libro.
L'ho detto e ridetto: piazzare un festival jazz negli stessi giorni del Salone del Libro poteva essere un'idea (peraltro velleitaria) l'autunno scorso, quando il Salone sembrava moribondo; ma la rinascita del Salone ha ammazzato in culla Narrazioni Jazz, annichilendolo sul piano della visibilità, e facendogli concorrenza anche sul fronte musicale
Il direttore Stefano Zenni lo sa benissimo, e almeno in privato lo ammette. Di sicuro la prossima edizione del Festival
, se una prossima edizione si farà, non sarà concomitante al Salone.
Intanto, però, abbiamo speso 600 mila euro, e qualcuno dovrà spiegare come, e con quale coerenza rispetto alla sicumera sciorinata il 17 ottobre scorso dall'assessore alle Fontane. Aspetto i dati della biglietteria (dati Siae, please, non  a stima) e del ROI.
Grazie.
E vi prego con tutto il cuore: non cercate d'intortarmi raccontandomi la favoletta che in realtà voi puntavate a "contagiare la città con un festival diffuso sul territorio": per quello, bastavano i 70 mila euro che avete investito nel cartellone "off" di "Jazz per la Città". Se è ciò che volevate, che minchia di scopo avevano i 600 mila di Narrazioni Jazz?

Commenti

  1. Buongiorno,
    oltre a Narraziomni Jazz, vorrei capire se gli eventi off del Salone hanno avuto senso ed utilità. Sono andato ad uno di essi, quello organizzato presso Binaria nella giornata di venerdì. Un incontro con Rosario La Rossa, un giovane di Scampia che sta facendo cose straordinarie nella sua zona a cominciare dalla sua casa editrice Marotta&Cafiero. Ebbene, erano presenti quattro persone. La mia sensazione è che questi eventi abbiano avuto pochissimo riscontro, mi chiedo se lei ha delle informazioni che dicano il contrario.
    cordiali saluti

    RispondiElimina
  2. Gli appuntamenti del Salone Off hanno avuto, com'è logico, riscontri diversi a seconda dell'offerta. In alcuni casi c'era molto pubblico, in altri poco o punto. Anche a me è capitato di partecipare alla presentazione di un libro davanti a una ventina di persone. E' chiaro che se c'è Baricco la gente corre, se c'è uno sconosciuto tutto è più difficile. Di sicuro l'offerta era torrenziale, e la comunicazione scarsa: non esiste neppure un programma cartaceo, e mi sembra pretendere troppo che la gente vada diligentemente a spulciare on line gli appuntamenti che possono interessare. Credo però che sia impossibile dare una risposta alla sua domanda che sia valida in generale: "Salone Off" nei giorni del Salone del Libro significa in pratica tutto ciò che accade a Torino in quei giorni fuori dal Lingotto: e com'è normale i risultati variano a seconda dei casi e delle situazioni (notorietà dei protagonisti, sede, orario...)

    RispondiElimina
  3. Anche la mia panettiera quest'anno andava al Salone per farla vedere ai bauscia. Quindi o le panettiere torinesi sono il nuovo motore della storia, l'avanguardia del sabaudismo trionfante, o Gabo e io abitiamo vicini.
    Il problema di chi vorrebbe fare marketing per gli eventi culturali a Torino è sempre lo stesso: i politici pensano che il marketing serva a trovare i soldi per le cose che loro reputano giuste, non per capire il modo giusto di fare le cose.
    D'altronde attendo sempre di sapere perché Netflix finanzia un festival su tematiche LGBT in Canada (dov'è presente da anni) e non in Italia (dov'era appena arrivata e doveva costruire la percezione del marchio da zero).
    Seven Invicta sta a un tiro di schioppo da Torino, coinvolgerli su Sotto18? Car2Go e Cinema Ambiente?

    RispondiElimina
  4. L'anonimo qui sopra qualcosa ne capisce...assumetelo in Comune che ne hanno bisogno... ��

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

L'AFFONDAMENTO DELLA SEYMANDI

William Turner, "Il Naufragio" Cristina Seymandi Tanto tuonò che piovve. Sicché posso abbandonare, almeno per un post, la spiacevole incombenza di monitorare i contraccolpi dell'emergenza virale. La storia è questa. Ieri in Consiglio comunale un'interpellanza generale ( qui il testo ) firmata pure da alcuni esponenti grillini o ex grillini, ha fatto le pulci a Cristina Seymandi, figura emergente del sottogoverno cinquestelle che taluni vedono come ideale continuatrice, a Palazzo Civico, del "potere eccentrico" di Paolo Giordana prima e di Luca Pasquaretta poi . E che, come i predecessori, è riuscita a star sulle palle pure ai suoi, non soltanto a quelli dell'opposizione. L'interpellanza prendeva spunto dell'ultima impresa della Seymandi, la mancata "regata di Carnevale" , ma metteva sotto accusa l'intero rapporto fra costei, Chiarabella e l'assessore Unia, di cui è staffista. Alla fine Chiarabella, nell'angolo, h

LE RIVELAZIONI DI SANGIU: "GRECO NON HA DECIFRATO LA STELE DI ROSETTA". E ADESSO DIREI CHE BASTA

È una storia da dimenticare È una storia da non raccontare È una storia un po' complicata È una storia sbagliata Cominciò con la luna sul posto E finì con un fiume di inchiostro È una storia un poco scontata È una storia sbagliata La ridicola pantomima è finita com'era cominciata, sempre con un tizio che giudica un egittologo senza sapere un cazzo d'egittologia. Il fratello d'Italia laureato in giurisprudenza Maurizio Marrone pontifica che Christian Greco è un egittologo scarso , e - dopo una settimana di silenzi imbarazzant i, strepiti da lavandaie e minchiate alla membro di segugio  blaterate da una scelta schiera di perdigiorno presenzialisti e critici col ciuffo - un altro fratello d'Italia, il giornalista Gennaro Sangiuliano, sancisce che no, Greco è "un apprezzato egittologo" benché - sfigatone! - "non abbia decifrato la stele di Rosetta" (questo è un capolavoro comico, non siete d'accordo?).  Il presidente della Regione Cirio s'a

BASIC BASE

Il nuovo direttore del Tff La  nomina di Giuliobase alla direzione del Torino Film Festival  è ampiamente trattata sul Corriere di Torino di stamattina: c'è un mio modesto commento , ma soprattutto c'è una magistrale intervista al neodirettore, firmata dall'esperto collega Fabrizio Dividi. Vi consiglio di leggervela da cima a fondo (sul cartaceo, o  a questo link ): vale da sola ben più del prezzo del giornale. Ed è talmente bella che mi permetto di estrapolarne alcuni passaggi, che giudico particolarmente significativi. Ecco qui le domande e le risposte che più mi hanno entusiasmato. In neretto le domande, in chiaro le risposte, in corsivo le mie chiose: Emozionato a dover essere «profeta in patria»?  «Ovvio, ma studierò. In questo anno e mezzo studierò e tiferò per Steve Della Casa e per il suo festival, ma sempre stando un passo indietro, con umiltà e discrezione».  Qualcuno lo avverta: l'hanno nominato per l'edizione 2024. Ciò significa che dovrà cominciare a la