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POLO SCIENTIFICO: I SOLDI CI SONO, CHI REMA CONTRO?

Scene di lotta di classe in un museo in via d'estinzione. Questione di dinosauri
E' giunta la primavera 2016, con i fiori e i canti d'augelli, ma il Museo Regionale di Scienze Naturali è ancora chiuso. E chiuso resterà a lungo.
Dico della primavera, perché l'ultima volta che avevo parlato della triste vicenda con l'assessore Parigi, l'Antonellina sperava proprio che in questi giorni qualcosa si muovesse. E invece nix.
Non che dormano. Tutt'altro. Attorno al Museo di Scienze, melanconicamente sigillato dall'agosto 2013 (quando esplose la famosa bombola), è in atto una battaglia tanto silente quanto aspra.
Eppure un piano c'è, assai concreto. E' quello della Parigi: creare un Polo museale scientifico che riunisca il Museo di Scienze (di competenza regionale) e quelli universitari, tipo il Lombroso, o quello della Frutta.

Centomila euro dalla Compagnia

Non  sono soltanto sogni, ci sono pure i soldi: la Compagnia di San Paolo ha stanziato per lo studio di fattibilità una cifra che potrà arrivare fino a centomila euro. Tra l'altro, si vuole capire se sia meglio accorpare i quattro musei scientifici alla Fondazione Torino Musei, come tempo fa si era ipotizzato; o se invece convenga creare una nuova Fondazione ad hoc.
Il buon senso suggerisce la seconda soluzione: musei d'arte e musei di scienza hanno esigenze e obiettivi molto diversi; e riunendoli sotto lo scettro di Patriziona Asproni si creerebbe un corpaccione elefantiaco che nemmeno l'Impero Romano.

Fermi tutti, manca la determina

Antonella Parigi: più ritmo, meno fiesta
Ad ogni modo: i soldi ci sono, e lo studio di fattibilità è cominciato. Ma subito è incappato in una battuta d'arresto: la settimana scorsa una società specializzata milanese doveva intervistare i dipendenti del Museo per tracciare un quadro dell'organizzazione del lavoro. Beh, all'ultimo non se n'è fatto nulla per un cavillo sindacal-burocratico: mancava la "determina". Qualsiasi cosa voglia dire.
Nutro il sospetto - magari malizioso - che le resistenze arrivino proprio dall'interno: fosse mai che qualcuno (certo una minoranza) tema di perdere i benefici di un certo contratto. A nessuno piace rimetterci. Eppure la Regione ha già garantito che lo status del personale non cambierà: dipendenti regionali sono e dipendenti regionali resteranno. Come adesso che il Museo è chiuso ma gli stipendi corrono regolarmente.
Certo, il passaggio dalla gestione diretta della Regione a una Fondazione muterebbe le prospettive: toccherebbe sbattersi, i direttori dovrebbero muovere i loro riveriti culi per attrarre il pubblico, si moltiplicherebbero mostre e iniziative. Insomma, come si diceva una volta, la motorizzazione cambierebbe: più ritmo, meno fiesta. 

Offelee, fa el tò mestee

D'altra parte avete visto com'è andata ai musei civici, o all'Egizio: una volta non ci metteva piede nessuno, se non deportato dalla scuola. Adesso per entrarci si sucano le code, e sono pure contenti. La lezione è chiara: Regione e Comune non devono gestire in proprio i musei, non è il loro compito e non sono capaci. Dettino le linee guida e lascino lavorare i professionisti. Offelee, fa el tò mestee.
La Parigi è determinata: il Polo museale scientifico si farà, ripete, Ma non azzarda più una data: spera di riuscirci entro questa legislatura - e dunque parliamo del 2019 - però non esclude che le cose possano andare più per le lunghe. Quando si difendono gli orticelli, siamo un paese di irriducibili eroi.
Sia come sia, il ritardo è inspiegabile, o comunque non spiegato.

I lavori sono l'ultimo dei problemi

I lavori di ristrutturazione sarebbero il meno. Viene da ridere ripensando alle promesse dell'allora assessora Coppola, che l'indomani dell'esplosione, nel 2013, assicurò la riapertura "in tempi brevi". Ma qui stiamo scivolando nel grottesco. Il buco causato dall'esplosione, per dire, è stato chiuso quasi subito: è bastato un muratore che in un giorno di lavoro ha rimediato al danno. C'è un progetto approvato per gli interventi al piano terra (accoglienza, caffetteria, bookstore). Il decreto di inagibilità è stato revocato da oltre un anno
Eppure non si muove foglia.
Abbiamo per le mani, inutilizzato, un patrimonio eccellente, in potenza una "macchina per presenze" da almeno trecentomila visitatori all'anno. L'interesse del pubblico per i musei scientifici è un aumento, e Torino potrebbe arricchire la sua proposta - che già va dall'arte antica e contemporanea all'egittologia, all'auto, al cinema - con un tassello nuovo, originale e attrattivo. E invece no. Tutto è fermo.

Qualcosa non va? Ditelo e facciamola finita

A questo punto, esigo di capire le vere ragioni. Credo di poter pretendere (anche perché gli stipendi ai dipendenti pubblici li pago io) delle spiegazioni.
Se il problema sta negli uffici (o negli assessorati) regionali, lo dicano e si giustifichino.
Se invece le resistenze arrivano dal personale del museo, parlino chiaro, espongano pubblicamente le loro ragioni. Ogni contributo è prezioso.
Magari tutti insieme appassionatamente organizzino un dibattito aperto alla cittadinanza. Ma poi ci diano un taglio. Fatti salvi i sacrosanti diritti dei lavoratori, fregasega degli sturbi immotivati, se sono io che pago.
Quello che non tollero - che non possono tollerare i contribuenti - è la resistenza passiva, l'insabbiamento delle pratiche, la neghittosa difesa del nulla. In una parola, la paura di cambiare.
Perché ciascuno ha diritto alle proprie paure. Ma non a spese mie.

Commenti

  1. Tutti d'accordo sulla riapertura a breve del Museo, che i dipendenti per primi stanno aspettando da tre anni, costretti a lsvorare (sì, perché stanno continuando a farlo e non stanno scaldando le sedie) sbattendosi da una sede provvisoria al Museo, preparando con fatica ogni possibile iniziativa esterna. Per cui l'attacco al personale mi pare molti ingeneroso, parziale (del tipo: ascoltiamo una sola campana e chi se ne frega delle altre) e forse interessato (?). Per finire: siamo proprio sicuri che delegare la cultura ai privati, cioé alle banche, sia la scelta migliore? Ci vorrebbe una riflessione più accurata, al di là delle nuove parole d'ordine del millennio: privatizzare, esternalizzare, ecc. ecc. Cordialmente, una dipendente del Museo

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    Risposte
    1. Ho scritto che il museo è chiuso, non che i dipendenti scaldano le sedie. Ho invitato tutti a esporre le l'iro ragioni, fatelo anzichè lamentarvi. Quanto al "forse interessato", lo rimando a lei e ai suoi cari, certo più interessati di me alla vicenda.

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    2. Ho trascurato di rispondere alla domanda se "siamo sicuri che delegare la cultura a privati, cioé alle banche, sia la scelta migliore". Sul piano generale, non saprei, forse non c'è una regola. Ma se guardo a com'è stata finora gestita la triste vicenda del MRSN, sono pronto a delegarla a chiunque, anche a Barbablù. Peggio non credo si possa fare.

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