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SALONE: CHI PAGA E CHI NON E' PAGATO (RELOADED)

Leggi la Bibbia, Piero? E allora ascolta questo passo che conosco a memoria, è perfetto per l'occasione. Giacomo 5,4: "Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti"

Vi ho lasciati mercoledì sera con un pensoso interrogativo: ma Ferrero lavora gratis?
Oggi posso darvi una risposta.
La risposta è no.
Anche Ferrero crede in Giacomo 5,4.
In effetti, con Chiampa e Fassino dello stipendio non ha ancora parlato. Ha accettato l'incarico dando per scontato che Chiampa e Fassino siano buoni cristiani giacobiti come lui.
E non v'è dubbio: le migliori intenzioni salariali animano Chiampa e Fassino.
Però nessuno, per quanto risulta a questi uffici, s'è dato pensiero della malefica legge Madia.
Leggo però sui giornali che - a detta del Palazzo - la deprecata legge non riguarda gli "enti di ricerca", tra i quali (novità) rientrerebbe il Salone. Può essere. Se lo affermano, avranno le loro buone ragioni. Vorrei tanto che fosse così. Purtroppo il mio factchecking non mi dà esiti positivi. Ho fatto anch'io una mia modestissima ricerca, senza trovare traccia ufficiale di tale classificazione del Salone; ma soprattutto non sono riuscito (penso e spero per mia inadeguatezza) a scovare la salvifica eccezione nel testo di legge, e neppure nella circolare ministeriale del 4 dicembre 2014 ("Interpretazione e applicazione dell'articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012, come modificato dall'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90", in sostanza la legge Madia).
Da torinese, e amico del Salone, mi auguro di sbagliare, e che altri più occhiuti o più giuridicamente attrezzati di me identifichino l'appiglio per uscire da una situazione altrimenti incresciosa.

Come la pensa Ferrero

Ernesto Ferrero è gentile, ma c'è un limite alla gentilezza. Mancando un onesto compenso - questo mi risulta essere il suo pensiero - nei mesi prossimi avrà preferenza di dedicarsi ai suoi studi prediletti, alla scrittura e alla lettura.
Houston? Abbiamo un problema. Un altro ancora.
Abbiamo un problema perché in questo momento Ernesto Ferrero è l'unica garanzia di vita per il Salone.

Una garanzia per gli editori

Gli editori hanno manifestato senza ritrosia un sincero entusiasmo alla notizia del ritorno di Ferrero.
Pare, dico pare, che fossero assai preoccupati per i progetti che nei mesi scorsi venivano attribuiti a Giulia Cogoli.
La creatrice del Festival della Mente di Sarzana (peraltro bellissimo, chapeau) intendeva trasformare anche il Salone in un grande festival. Così sussurravano gli editori, scontenti.
Gli editori non sono troppo progressisti. Temono le fughe in avanti. Specie se a spese loro. Sono soddisfatti del Salone così com'è, lo considerano perfetto per le loro esigenze commerciali, e non ne cambierebbero una virgola. Quindi il ritorno di Ferrero, garanzia di continuità, e interlocutore stimato e affidabile, li ha riempiti di gaudio.

Chi paga per non comandare?

Ecco il motivo che spinge in neo-nominato presidente dell'Aie Federico Motta a chiedere "un ruolo più partecipativo" nel Consiglio d'amministrazione del Salone. La scelta del nuovo rappresentante dell'Associazione nel CdA, dopo le dimissioni di Marco Polillo, indicherà la strategia: ma dopo la grande paura di quest'estate, l'Aie vorrebbe tutelarsi contro nuove alzate d'ingegno. Sia mai che qui a Torino s'inventano qualche nuovo bello spirito rivoluzionario che gli smonta il giocattolo sotto il naso. Sono meno incline a credere ciò che a Torino molti credono: e cioé che l'obiettivo dell'Aie sia spostare il Salone a Milano. Non ne sono convinto. Vuoi mettere, avere ogni anno il pretesto perfetto per starsene una settimana fuori casa?
Per contare nel CdA è però necessario diventare soci della Fondazione: i famosi "privati" che Chiampa e Fassino cercano per cavargli denari, possibilmente senza cedergli poteri. E per picchiare davvero i pugni sul tavolo occorre una partecipazione di maggioranza. Maggioranza che Fassino non vuole assolutamente cedere; e che costerebbe comunque molti soldi. Soldi che l'Aie forse non ha.

Gl Events: posa piano e fa buon colpo

Mentre di sicuro i soldi li ha Gl Events, il convitato di pietra della penosa pantomima salonistica.
Da sempre Picchioni (e pure Ferrero) hanno individuato la causa prima delle loro sofferenze economiche nell'accordo con la multinazionale francese proprietaria di Lingotto Fiere (appuntatevi questo dato, voi amanti della storia maestra di vita: Gl Events acquistò Lingotto Fiere nel 2007 dal finanziere Alfredo Cazzola, che intanto aveva già seppellito il Salone dell'Auto).
La Gl Events ospita Librolandia al Lingotto Fiere. In cambio ha ottenuto di gestire la parte commerciale del Salone e intascare gran parte dei guadagni da stand e biglietterie: un malloppone da 2,6-2-8 milioni di euro per edizione, di cui al Salone arrivano le briciole, meno di 400 mila euro.
E poi ci si stupisce del deficit. E' un contratto che soltanto un masochista compulsivo potrebbe sottoscrivere. E che Fassino e Braccialarghe difendono con passione troppo grande.
Adesso i franciosi non hanno fretta. Aspettano il momento giusto. Quando Comune e Regione saranno alla canna del gas, disperati perché non riescono ad allettare nessun nuovo socio, allora sarà tempo per i franciosi di entrare in Fondazione. Butteranno sul piatto un bel po' di denaro fresco, e pretenderanno di contare sul serio. Così, dopo essersi comperati il contenitore, il Lingotto, s'imberteranno pure il contenuto. E un bel giorno saranno padronissimi di fare del Salone ciò che meglio gli aggraderà. Tenerlo, spostarlo, o cancellarlo.
Ricordatevi di Cazzola e del Salone dell'Auto.

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