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SPONSOR MIO DAMMI UN MILIONE CHE IN AMERICA VOGLIO ANDAR

Il sovrintendente Vergnano, al Regio dal 1999. La nostra fondazione lirica è tra le poche, in Italia, con in conti in ordine
Ieri il Consiglio d'amministrazione del Regio ha discusso il bilancio. Pur in tempi difficili, ci sono segnali positivi, grazie anche alla capacità manovriera del sovrintendente Vergnano, il cui quarto mandato scade a giugno - ed è speranza diffusa che venga rinnovato. Venendo ai conti, la buona notizia è che finalmente il Regio avrebbe trovato un compratore per il capannone industriale che Fassino gli ha assegnato nel 2011 inaugurando la stagione del brick for money, mattonì al posto dei contanti: stagione che ha avuto la sua sublimazione a fine 2013. Se la vendita andrà in porto, però, i soldi veri  con ogni probabilità arriveranno soltanto l'anno prossimo. Per fortuna la Compagnia di San Paolo dovrebbe erogare il suo contributo non per tranches, come in passato, ma tutto e subito: arriverebbe così del denaro contante per tirare avanti evitando ulteriori oneri finanziari con le banche. Per il resto, risparmio all'osso: ad esempio, sono andati in pensione tre violinisti, ma ne verrà assunto soltanto uno. Un semi-blocco del turn-over suggerito, pare, da Fassino in persona, nel suo ruolo di presidente della Fondazione Teatro Regio. Più problematiche le prospettive delle tournée internazionali, da sempre un fiore all'occhiello del Regio. Si faranno di sicuro quelle a San Pietroburgo e a Wiesbaden, i cui costi sono interamente coperti dagli ospitanti. Incerta invece la situazione della trasferta negli Stati Uniti: la tappa a New York è pagata, ma il direttore Noseda vorrebbe approfittare del viaggio oltre Atlantico per portare l'orchestra anche a Chicago e Los Angeles. Logica ambizione, che costerebbe però un milione di euro. Ovviamente i soldi non ci sono. Si cercano sponsor americani, ma al momento non si è trovato nessuno. Ciò deve far riflettere quelli che ripetono come un mantra "i soldi per la cultura devono arrivare dai privati": di questi tempi gli sponsor non pullulano nemmeno negli Usa, mecca del liberismo e della cultura finanziata da "mecenati" che godono di agevolazioni fiscali fiscali che noi ci sogniamo. "Sembra incredibile, ma la tournée americana ha trovato più sostenitori privati qui da noi...", commenta uno dei componenti del CdA.

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